De Monarchia: descrizione dell'opera di Dante

Di cosa parla il De Monarchia? Descrizione del saggio politico di Dante Alighieri, il De Monarchia (1 pagine formato doc)

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DE MONARCHIA: DESCRIZIONE

De Monarchia.

Il “De Monarchia”, scritto in latino, perché questa volta Dante si rivolge al mondo dei dotti (giuristi e filosofi soprattutto), per i quali il latino era la lingua professionale, è un opera politica scritta tra il 1310 e il 1313, anche se alcuni sostengono che possa essere stata scritta tra il 1316 e il 1320; inoltre è l’unica opera politica portata a termine. L’ideale politico infatti stava molto a cuore all’autore, egli si concentra su quello in Europa e in Italia.
Riguardo all’Italia, le sue speranze di monarchia erano riposte in Arrigo VII che però lo deluse fortemente.  
Il trattato è formato da 3 libri. Nel primo libro Dante spiega la necessità dell’impero; egli da giustificazioni di natura filosofica e storica del suo trattato. Nella giustificazione filosofica afferma che l’imparzialità del governare è riposta nell’assenza di cupidigia e chi è più libero di tale brama di chi possiede già tutto? La cupidigia dei beni materiali, infatti, suscitava contese e guerre inesistenti se fosse esistito un monarca il cui compito fosse stato quello di giudicare. Inoltre quest’ultimo avendo tutto, non avrebbe aspirato a nient’altro. Nella giustificazione storica, egli fa notare che Gesù s’incarna nell’uomo quando il governo era di tipo imperiale, sotto Augusto. In quel periodo l’impero conosceva la sua massima estensione e la pace era mondiale: ciò dimostra che Dio voleva mandare suo figlio in terra durante l’impero e che quindi, questo era benvoluto da Lui.

De Monarchia di Dante: riassunto breve

DE MONARCHIA: DI COSA PARLA?

Nel secondo libro Dante sostiene la necessità dell’Impero romano. Egli voleva l’impero romano perché la sua unità, la sua compattezza agevolavano la diffusione della parola.
Il terzo libro, è espressione concreta del suo pensiero: “Nullo è il potere temporale del Papa”, questo affermava. Il papa non aveva diritto ad esercitare alcun procedimento per governare a discapito dell’imperatore. Alla Chiesa spettava dunque di esercitare il potere spirituale, all’Impero quello temporale: entrambi però rivolti agli stessi fini, che sono la felicità terrena dell’uomo e la sua salvezza ultraterrena. Sono perciò necessarie due guide: l’imperatore e il pontefice. Quindi con l’impero, l’imperatore ha il compito di governare la felicità terrena, materiale, mentre il papa, col papato, deve guidare  i fedeli alla vita ultraterrena. Inoltre “impero” e “papato” sono due cariche che discendono da Dio. Fra i due c’è però un rapporto reciproco: l’imperatore deve reverenza al papa, il papa deve illuminare l’imperatore; ma nessuno dei due deve sottomettersi o prevaricare sull’altro.