Simbolismo e allegoria nel Medioevo

Riassunto sul simbolismo e sull'allegoria nel Medioevo. Focus su volgare e scuole poetiche della lirica delle origini

Simbolismo e allegoria nel Medioevo
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Simbolismo e allegoria nel Medioevo

Esempio di allegoria medievale
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Secondo la mentalità medievale ogni aspetto della vita e della natura richiama la presenza di Dio: un colle illuminato dal sole, ad esempio, può essere simbolo della luce e verità di Dio; un bosco fitto e buio simbolo delle tenebre e quindi del peccato. In questo caso si parla di simbolismo.

Scaturisce da qui la tendenza medievale a interpretare il mondo più che osservarlo. Su queste basi si sviluppa l’ermeneutica medievale, cioè la scienza dell’interpretazione dei significati.

Dal simbolismo si sviluppò l’allegoria, cioè una figura retorica che attraverso un insieme di immagini simboleggia un concetto, infatti le immagini hanno un significato molto più diverso e profondo da quello che sembrano. La differenza tra simbolo e allegoria è che il simbolo esprime qualcosa di concreto, mentre l’allegoria simboleggia qualcosa di astratto.

La cultura religiosa

La mentalità medievale era dominata dal soprannaturale, dal divino. La fede cristiana sembrava quasi imporre ai credenti di pensare e agire avendo come punto di riferimento sempre Dio. Questa cultura religiosa medievale aveva delle convinzioni:

  1. La vita era impregnata di peccato da cui ci si salva solo tramite la fede in Dio;
  2. La vera vita è quella dell’anima e non del corpo, in quanto il corpo è una cosa materiale quindi è immerso nel peccato;
  3. La vita vera è quella che attende l’uomo dopo la morte;
  4. Ogni cosa viene da Dio e a lui rimanda. Il mondo quindi è un grande “segno” di Dio.

Ogni campo del sapere era coltivato per fini religiosi:

  • Nel campo dell’arte, le grandi realizzazioni architettoniche erano solo basiliche, cattedrali o monasteri; le uniche sculture e dipinti che si realizzavano avevano scopo religioso; la filosofia era intesa solo come ricerca e studio di Dio.
  • Nel campo storico, tutti i fatti storici accaduti erano concepiti come la realizzazione della volontà di Dio.
  • Nel campo letterario, si riteneva che la letteratura esistesse come strumento di istruzione per il popolo e come celebrazione del sacro.
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Un intellettuale del tempo doveva fare i conti con alcune fonti del sapere che erano ritenute insuperabili. Queste fonti erano le “autorità”: l’autorità più importante era la Bibbia, poi venivano le opere dei Papi e le enciclopedie ecclesiastiche.

Secondo la mentalità dell’epoca queste autorità quindi contenevano tutte le verità che andavano conosciute: nessun intellettuale avrebbe mai pensato di contestarle.

La cortesia, la cultura delle corti

Le corti feudali erano luoghi raffinati ma anche centri di elaborazione culturale. Non a caso le prime opere letterarie in volgare nacquero nell’ambiente delle corti feudali francesi.

La cultura signorile

La cultura di queste corti era legata proprio agli antichi valori feudali, cioè senso di servizio, obbedienza e fedeltà. Ma si stavano imponendo nuovi valori, valori di liberalità, lealtà, prodezza, ospitalità ed eleganza. In altre parole la cortesia.
La cortesia si esprime anche come forma di devozione verso la donna, che era venerata quasi come Dio.

Questo ideale ispirerà l’ ”amor cortese”, ovvero una concezione di amore secondo la quale la donna è vista da colui che la ama come un essere sublime ma irraggiungibile in quanto è già impegnata con un altro uomo, per cui l’amante deve restare solo in umile adorazione di fronte a lei.

L’ amor cortese rivoluziona la mentalità medievale, facendo diventare la cultura signorile una cultura “laica”:

  • Per il luogo in cui viene elaborata: la corte, non più il monastero
  • Per i suoi contenuti: l’amore e la devozione verso la donna, non più solamente verso Dio
  • Per la lingua: era scritto nelle nuove lingue volgari, non in latino

Dal latino al volgare

Nel corso del medioevo ci fu il lento ma radicale processo di trasformazione attraverso il quale il latino, che era la lingua universale dell’impero romano, diede vita alle lingue neolatine o volgari. Sono italiano, provenzale (nella Francia del sud e chiamato lingua d’oc), francese (nella Francia centrosettentrionale e chiamato lingua d’oil), spagnolo, catalano, portoghese, rumeno, ladino. La trasformazione cominciò dopo la fine dell’impero romano d’occidente e già intorno al 650 la gente comune non capiva più il latino.

Il latino rimarrà utilizzato solo come lingua scritta per le leggi, per la Chiesa e per l’istruzione. Il medioevo è caratterizzato da un fenomeno chiamato diglossia, ovvero dalla presenza contemporanea di due lingue, una per scrivere (il latino appunto) e le altre volgari usate per parlare a seconda delle diverse aree.Dopo l’anno mille queste varie lingue si erano definitivamente differenziate: erano nate quindi le lingue neolatine.

Il Placito capuano è il documento più importante in volgare italiano. Riguardava una lite tra un feudatario che rivendicava alcune terre tra il Lazio e la Campania, e il monastero benedettino di Montecassino che le giudicava sue.

Origini della letteratura in volgare

Le prime letterature che fanno uso delle lingue neolatine nacquero in Francia. Intorno al 1080 nacque la chansons de geste, ovvero un genere letterario di tipo epico che raccontava le imprese di cavalieri che difendono la cristianità dall’attacco dei musulmani.

Il poema più famoso è la Chanson de Roland, che racconta la battaglia di Roncisvalle, quando nel 778 l’esercito di Carlo Magno capeggiato da Rolando fu assalito e sterminato dai Saraceni.

A questo argomento si aggiunse quello dell’amor cortese, dando origine al romanzo cavalleresco, che narrava le avventure di cavalieri medievali, in particolare quelli della Tavola Rotonda guidati da re Artù. Tra i più famosi romanzi cavallereschi ci sono il Lancelot e il Perceval, che formarono il cosiddetto “ciclo arturiano”. Sia il romanzo cavalleresco che il poema epico erano scritti in lingua d’oil.

Accanto al poema epico e al romanzo cavalleresco, nel XII secolo nacque anche il genere della lirica, una forma poetica accompagnata dalla musica.

Le poesie liriche erano scritte dai trovatori ed erano diffuse soprattutto nelle corti signorili del sud della Francia, per cui prende il nome di lirica trobadorica ed era cantata nella lingua utilizzata in quella zona, la lingua d’oc.

Le scuole poetiche in Italia

Anche in Italia si diffusero diverse scuole poetiche. Vediamo le principali tre.

Scuola siciliana

La prima scuola poetica ad elaborare liriche trobadoriche in volgare italiano fu la Scuola siciliana, formata da un gruppo di poeti attivi presso la corte di Federico II dal 1230 al 1260. Essi venivano scelti tra notai e funzionari del re e il maggior esponente fu Iacopo da Lentini.

La poesia siciliana dunque nacque sul modello della lirica trobadorica, ma non era una vera e propria replica, infatti essa era destinata solo alla lettura e non al canto.

Inoltre erano più rigorosi nell’uso della metrica e riguardo ai temi, la poesia siciliana riprese dalla lirica trobadorica solo il tema dell’amor cortese, mentre rinunciò a quelli come la guerra e la politica.

Le poesie erano scritte in volgare siciliano, detto “siciliano illustre”.

I poeti cortesi di Toscana

L’esempio della Scuola siciliana si diffuse anche in Toscana.

La poesia volgare italiana si diffuse anche nelle città e i poeti non erano più solo notai o funzionari del re, ma liberi borghesi. Tra i maggiori esponenti ci sono Guittone d’Arezzo e Dante da Maiano.

Riguardo ai temi, in primo piano restava l’amor cortese ma i poeti di Toscana ripresero anche i temi morali e politici trascurati dalla Scuola siciliana.

La lingua passò dal “siciliano illustre” al volgare toscano.

Lo Stilnovo

La terza maggiore scuola poetica del ‘200 fu quella dello Stilnovo. Il movimento nasce a Bologna da Guido Guizzinelli, ma si sviluppa a Firenze. Il maggior esponente dello stilnovismo è Dante Alighieri, che coniò la definizione di “dolce stil novo”.

Riguardo ai temi, gli stilnovisti hanno una nuova concezione dell’amore e della donna soprattutto stilisticamente. La poesia stilnovista è dolce, predilige una forma armoniosa e melodica ed esclude immagini o parole troppo crude.

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