Comunismo in Russia: riassunto

Riassunto della storia e gli ideali del Comunismo in Russia tra Lenin e Stalin

Comunismo in Russia: riassunto
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Comunismo in Russia

Comunismo in Russia: quali sono i punti salienti?
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Il rovesciamento dello zarismo e il colossale processo rivoluzionario avvenuto in Russia culminarono nell’ottobre del 1917 con la presa di potere da parte dei bolscevichi di Lenin. Essi si apprestarono a imporre il loro potere sul territorio, reprimendo la stampa d’opposizione, vietando gli scioperi e creando la Ceca, la polizia politica. Le elezioni politiche però, diedero a Lenin un risultato molto deludente, facendo diventare i solcialrivoluzionari il primo partito del Paese (40% dei voti).

I capi della rivoluzione decisero allora di imporsi con la forza, sciogliendo l’Assemblea costituente e creando l’Armata Rossa, un esercito fedele ai bolscevichi.

Il 3 marzo 1918 venne firmata la pace di Brest-Litovsk con gli imperi centrali, e successivamente la capitale venne spostata a Mosca. Il partito bolscevico assunse ufficialmente la denominazione di partito comunista e il 23 luglio venne proclamata la nascita della repubblica socialista federativa sovietica russa (futura Unione Sovietica).

La fine dello zarismo

Per consolidare il proprio potere i bolscevichi iniziarono una guerra civile contro diversi avversari.

In primo luogo, il conflitto era tra i rossi bolscevichi e i bianchi zaristi, che aspiravano a ripristinare l’impero di Nicola II. Ben presto però, i bolscevichi dovettero fronteggiare anche altri avversari, come le truppe europee dell’Intesa che temevano l’avvento del comunismo, la classe dei contadini e della borghesia rurale, che non riconosceva l’egemonia della classe operaia, i cosacchi, verso i quali furono attuate da parte dei bolscevichi delle vere e proprie repressioni, con uccisioni e deportazioni. Infine, anche le nazionalità che reclamavano un proprio Stato si sollevarono contro la Russia. (Ucraina, Bielorussia, Georgia ecc).

La lotta contro tutti questi avversari condusse il potere bolscevico sull’orlo della disfatta. Per timore delle conseguenze di un’eventuale liberazione di Nicola II essi uccisero lo zar e tutta la famiglia reale. Se il governo rivoluzionario non cadde però, fu grazie all’organizzazione dell’armata rossa da parte di Trockij, abile comandante militare, un esercito che affrontò e batté uno per uno gli avversari della rivoluzione.

Lenin al potere

Durante questi anni, Lenin ideò e idealizzò il cosiddetto comunismo di guerra, basato sul controllo diretto dello Stato delle produzioni industriali e agricole che aveva come obbiettivo il rifornimento dell’esercito. Tra il 1917 e il 1919 furono nazionalizzate le banche, le imprese industriali, e il lavoro in fabbrica venne militarizzato. La circolazione del rublo venne sospesa e vennero assegnate ai russi carte di razionamento delle merci di prima necessità. Anche nelle campagne, la dittatura alimentare avrebbe dovuto risolvere i problemi alimentari della popolazione sovietica, attraverso requizisioni forzate di grano. Il comunismo di guerra riuscì a raggiungere il suo obbiettivo, il sostentamento delle truppe, ma ebbe esiti disastrosi sotto ogni altro profilo. Di conseguenza, tornò a montare l’opposizione al potere bolscevico.

Nelle campagne i contadini si opposero in ogni modo alle requisizioni di grano, rispondendo con la diminuzione della superficie coltivata e originando quindi un enorme calo della produzione. Anche nelle industrie si respirava aria di crisi, con molti meno operai a lavorare rispetto a prima il conflitto mondiale e producendo quindi di meno.

Inoltre, l’ammutinamento della base navale di Kronstadt nel 1921, che venne stroncato nel sangue, fu il segnale che il malcontento si diffondeva, oltre che tra i contadini e operai, anche nell’esercito.

La NEP, nuova politica economica

Per mantenere il potere, Lenin abbandonò il comunismo di guerra e ricorse alla Nep (Nuova politica economica) basata su un ritorno parziale alla proprietà privata e alla liberalizzazione del commercio. Nelle campagne fu riconosciuto il diritto di vendere ciò che si produceva, e il lavoro industriale fu accompagnato dall’innesto di tecnologie occidentali. Riprese a circolare la moneta e riaprirono gli sportelli di credito. L’economia si riprese, la produzione agricola e industriale tornò a salire, la circolazione delle merci favorì la formazione di una nuova classe di ricchi, i nepmen e i kulaki.

La nascita dell'URSS

Nel 1922 intanto nasceva l’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, uno stato multinazionale cementato dall’ideologia del Partito comunista al potere di cui facevano parte quegli stati che avevano chiesto l’indipendenza durante la guerra civile. La costituzione parlava di una forma federale tra nazioni sovrane, con uguali diritti la possibilità di uscire liberamente dall’Unione. In realtà si trattava di una federazione centralistica e non esisteva possibilità di evaderne.

Stalin al potere

Alla morte di Lenin, Stalin prese il potere. Egli aveva in precedenza approfittato delle assenze continue di Lenin date dalla malattia per accentrare nelle proprie mani il controllo dell’apparato burocratico del partito, le cui dimensioni e potere aumentavano continuamente. In pochi anni egli riuscì a emarginare i leader storici della rivoluzione del 17, come Trockij, espulso dal partito e mandato al confino in Kazakistan e poi ucciso in Messico. Alla fine degli anni 30, Stalin deteneva il pieno potere del partito, che controllava lo Stato. Il dissenso interno era stato completamente tacitato e il volere del capo diveniva il volere del paese.

Il Socialismo in un solo paese

Stalin portava avanti la tesi del Socialismo in un solo Paese, secondo la quale l’URRS doveva edificare il socialismo senza aspettare lo scoppio della rivoluzione nell’Occidente capitalistico. Trockij aveva invece teorizzato la tesi opposta: evitare l’isolamento dell’Unione Sovietica e il suo accerchiamento da parte dell’imperialismo capitalistico. Fu la tesi di Stalin a trionfare, elaborando il un corpus dottrinario coerente il pensiero di Lenin. Egli si presentò come il naturale continuatore di Lenin stesso, ed il marxismo-leninismo divenne sotto Stalin un’ideologia monolitica che avrebbe guidato le politiche dei partiti comunisti per molto tempo ancora.

I campi di lavoro

Sulla carta il Paese si reggeva sul potere dei soviet, ma in realtà lo Stato era nelle mani di Stalin, mentre l’ordine era garantito da un efficiente apparato repressivo poliziesco: la Ceka, una polizia segreta dai poteri arbitrari, fuori da ogni legalità a cui il partito si affidava per eliminare i propri avversari. Per questo scopo, inoltre, si diffusero presto i campi di lavoro.

La collettivizzazione forzata dell'agricoltura

In campo economico, Stalin abbandonò la Nep a favore di una collettivizzazione forzata dell’agricoltura: la definitiva espropriazione delle terre dalle mani dei contadini per affidarle a una burocrazia che le avrebbe gestite per il bene della collettività.

Essa avrebbe portato sotto controllo centralizzato un settore molto arretrato ma centrale dell’economia, permettendo allo Stato di dirigerne lo sviluppo. La collettivizzazione avrebbe inoltre consentito di rilanciare l’obiettivo dell’eguaglianza sociale. Vennero direttamente colpiti i contadini, che furono costretti a cedere le loro proprietà per farle confluire nei kolchozy e sovchoz, le grandi aziende agricole dello Stato.

I piani quinquennali

Si aprì una fase molto cruenta della storia del comunismo sovietico, che portò allo sterminio di coloro che si opposero al trasferimento nelle imprese statali. Inoltre, la collettivizzazione non portò i risultati sperati, perché le gigantesche aziende collettive erano sprovviste di mezzi tecnologici moderni.

Nonostante l’impiego di capitali e tecnologie straniere, l’Unione Sovietica veniva molto dopo le maggiori potenze europee nella produzione di fabbrica. Così a Mosca nacque la Commissione statale per la pianificazione per elaborare i “piani quinquennali” che stabilivano la quantità di merci e beni che ogni settore dell’economia doveva produrre in 5 anni. In questo modo, nel giro di 10 anni, l’Unione Sovietica riuscì a diventare una potenza industriale a livello mondiale.

L’operaio, protagonista dell’industrializzazione, iniziò ad apparire come il vero eroe della nuova società sovietica: era privilegiato nell’assegnazione di un alloggio e favorito in ogni circostanza della vita quotidiana, il suo voto pesava di più di quello di un contadino nell’elezione dei deputati al Congresso dei soviet. Ma, d’altra parte, la distruzione dei sindacati lo privava di un essenziale strumento di difesa e l’operaio iniziò a diventare soggetto di carichi di lavoro sempre più pesanti, assenze e ritardi erano puniti severamente.

Il movimento stacanovista

Per legare l’operaio agli obiettivi del comunismo, nacque nel 1935 il movimento stacanovista o “dei lavoratori d’assalto” (da Stachanov, minatore che estrasse 102 tonnellate di carbone in 6 ore grazie all’organizzazione della squadra di lavoro). In tutto il Paese gli operai iniziarono a gareggiare nella quantità di produzione e il comunismo dimostrava la sua capacità di costruire eroi del lavoro. Lo stacanovismo, però, comportò anche altri abusi, come il prolungamento della giornata lavorativa e legittimò la subordinazione dell’individuo al potere.

La nuova Costituzione dell'Unione Sovietica

Nel dicembre 1936 l’Unione Sovietica si diede una nuova Costituzione tra le cui disposizioni spiccava il riconoscimento del Partito comunista con prerogative decisionali su tutto ciò che riguardasse il Paese: nasce la formula del partito unico come anima dello Stato e come tramite tra Stato e cittadini. Inizialmente si riuscì a mantenere nel partito una parvenza di democrazia; poi, la figura dominante di Stalin inaugurò una linea molto più rigida: la linea politica dettata dal Comitato centrale del partito doveva essere osservata alla base senza alcuna discussione. Dato che tutto era nelle mani di Stalin, la Costituzione del 1936 sancì la definitiva subordinazione dello Stato al capo dell’Unione Sovietica: Stalin controllava, quindi, ogni aspetto della vita sociale del Paese applicando una visione fortemente restrittiva di diritti individuali del cittadino.

Il potere di Stalin permeava ogni settore della società russa e riuscì ad abbattere qualsiasi opposizione. Negli anni Trenta nacque un vero e proprio culto della personalità di Stalin: esaltato da artisti, poeti e intellettuali, osannato dal partito e amato dal popolo che gli attribuì l’appellativo di “piccolo padre”.

La gestione dell'ordine interno

Il potere senza limiti di Stalin si basava soprattutto sulla gestione terroristica dell’ordine interno: L’Nkvd poteva arrestare, istituire processi a porte chiuse, condannare senza appello, mettere a morte, ma soprattutto organizzava l’universo concentrazionario dell’Unione Sovietica, che contava centinaia di campi di concentramento, detti gulag, che introno al 1935 contenevano 6-10milioni di cittadini, tra i quali tantissimi “delinquenti politici” (gente che aveva manifestato anche un minimo dissenso sulle iniziative del regime) e i deportati per motivi sociali ed etnici. Tutti i deportati venivano sfruttati come manodopera per la costruzione di gigantesche opere infrastrutturali o complessi industriali. Questi campi di lavoro rappresentarono il prodotto peggiore del totalitarismo sovietico, giunto a rappresentare un potere senza limiti e capace di annientare qualsiasi nemico.

Nei gulag la mortalità era altissima. Nel 1935 iniziò il periodo delle “Grandi purghe” (drastiche operazioni politiche volte a eliminare l’opposizione interna al potere), rivolte contro la stessa classe sociale bolscevica che aveva dato vita alla rivoluzione e creato l’U.S. Nel giro di un triennio furono arrestate dalla Nkvs oltre 1,5 milioni di persone, quasi tutte per motivi politici e di qualsiasi classe sociale. L’accusa era di tradimento della rivoluzione e dello Stato, ma le prove erano false, le confessioni venivano estorte con la forza, l’imputato era spinto ad attribuirsi crimini non commessi e le condanne avvenivano senza processo. Anche i parenti dei condannati diventavano vittime della repressione: dovevano ripudiare il familiare per non essere incriminati. È probabile che, dalla distorsione creata dalla propaganda politica, molti cittadini credessero alle accuse.

Le purghe staliniane

Tra 1937-38 si toccò il culmine e poi Stalin capì che si era andati troppo oltre e che la repressione rischiava di indebolire il potere anziché rafforzarlo, date anche le risorse umane e l’economia indebolite e lo stato psicologico della popolazione che peggiorava continuamente.

Culmine ed esito delle Grandi purghe furono i tre grandi processi di Mosca ai grandi nemici di Stalin che egli definì “nemici del popolo” stesso:

  • 1936: condannati Zinov’ev e Kamenev, accusati di mantenere contatti con Trockij e complottare contro Stalin;
  • 1937: imputati accusati di aver dato vita a un “centro trockista antisovietico” sostenuto da finanziamenti tedeschi e giapponesi con l’obiettivo di indebolire la potenza economica e militare dell’Unione Sovietica;
  • 1938: giustiziati Bucharin, Rykov e Jagoda (ex-capo della Nkvd, aveva organizzato il primo processo nella capitale).

L'Internazionale comunista o Comintern

All’interno di un vasto progetto di esportazione della rivoluzione per il trionfo del socialismo nei Paesi occidentali, a Mosca nel 1919 era nata l’Internazionale comunista, o Komintern. Durante il 2 congresso del Komintern, Lenin stabilì che avrebbero potuto partecipare all’organizzazione solo i partiti comunisti nazionali nati dall’espulsione di socialisti riformisti e moderati.

Conseguenza immediata fu la scissione interna ai partiti socialisti europei. Il Komintern assunse due funzioni principali: destabilizzare i regimi democratici dei Paesi capitalistiche difendere la Russia sovietica dall’accerchiamento del capitalismo.

La pericolosità del nazismo indusse Mosca a cambiare strategia anche perché il capitalismo non crollava, ma si rafforzava e portava al potere ideologie anticomuniste. Così nel 1935, dopo che l’Unione Sovietica era stata riconosciuta dagli Stati Uniti e ammessa alla Società delle Nazioni, si diede vita alla cosiddetta politica dei Fronti popolari: i partiti comunisti dovevano cercare alleanze  utili per la difesa dell’Unione Sovietica dalle aggressioni esterne e arginare l’avanzata di fascismo e nazismo.

Durante la guerra civile apertasi in Spagna nel 1963. Stalin affidò al K. L’organizzazione delle brigate internazionali per la lotta della repubblica all’antifascismo. Ma l’impotenza delle democrazie occidentali nel fermare Hitler e la necessità di difendere l’U.S., spinsero Stalin a firmare nell’agosto del 1939 un Patto di “non-aggressione” con la Germania nazista.

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