Mussolini e il fascismo: riassunto

Riassunto su Mussolini e il fascismo: le fasi della conquista del potere di Mussolini in Italia fino all’alleanza con Hitler

Mussolini e il fascismo: riassunto
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Mussolini e il fascismo

Mussolini e il fascismo
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Benito Mussolini, fondatore del Fascismo, passato alla storia anche come il Duce, nacque il 29 luglio 1883 a Predappio (Forlì).

Mussolini fu presidente del consiglio del Regno d’Italia, assunse poteri dittatoriali nonché il titolo di capo del governo primo ministro segretario di stato. In giovane età si schierò dalla parte dei socialisti rivoluzionari e in seguito divenne l’esponente di spicco del partito socialista e nel 1912 assunse la direzione del quotidiano socialista "L'Avanti!".

Nel novembre 1914, trovandosi in contrasto con le idee del partito, si dimise dall’Avanti e fondò un suo giornale (Il popolo d’Italia) e schierandosi a favore dell'intervento italiano in guerra venne espulso dal partito socialista. Alla fine della prima guerra mondiale, Mussolini tornò alla direzione del suo giornale e nel marzo 1919 fondò i Fasci italiani di combattimento (1919).

Ai Fasci aderirono soprattutto nazionalisti ed ex combattenti e il programma del movimento risultava essere molto confuso: era caratterizzato da posizioni nazionaliste, repubblicane ed anticlericali, e dalla polemica contro i liberali ed il capitalismo.

Ma l'elemento dominante era la decisiva avversione per il socialismo. I fascisti parteciparono alle elezioni il 16 novembre del 1919, presentandosi solo a Milano e ottennero meno dì 5000 voti. L’anno seguente, furono le agitazioni sociali ad offrire al fascismo l'occasione per aumentare i propri consensi. Mussolini quindi sostenne che le iniziative sindacali andavano contrastate con la forza.

Per questo, nel 1921, organizzò delle squadre d'azione che, specie nelle campagne emiliane, repressero violentemente la protesta dei contadini. Le squadracce fasciste erano composte in prevalenza da ex combattenti, da disoccupati ed avventurieri. Furono protagoniste di violenze sistematicamente organizzate: distrussero le sedi delle organizzazioni di braccianti, colpirono coloro che si erano distinti nella lotta contro i padroni delle terre, gli avversari venivano piegati a colpi di manganello oppure venivano obbligati a bere l'olio di ricino, un forte purgante. La polizia spesso non interveniva, anzi in qualche caso era complice. La violenza delle squadracce veniva giustificata in nome del pericolo rivoluzionario. Come abbiamo visto i proprietari terrieri e gli industriali appoggiarono Mussolini.

Tuttavia, i fascisti ottennero il consenso più vasto dai ceti medi, cioè da coloro che non erano né proletari e né borghesi: piccoli proprietari terrieri, commercianti, impiegati, insegnanti, ecc. Questi soggetti non si sentivano rappresentati dai liberali e temevano la rivoluzione comunista.

Mussolini nel 1921, per ottenere più consensi, trasformò il movimento in partito: nasce il Partito Nazionale Fascista (PNF). Nel 1921 Mussolini si presentò alle elezioni per formare un nuovo governo, insomma si pensava che i fascisti potessero contrastare i comunisti ed i sindacati e che la loro violenza potesse frenare gli scioperi di operai e di contadini. Nonostante la crisi del partito socialista non riuscì ad ottenere la guida del Paese.

Ascesa di Mussolini: riassunto

Il 24 ottobre Mussolini radunò a Napoli migliaia di camice nere, poi formò un esercito e decise di prendere il potere marciando su Roma (28 ottobre 1922).

Con la Marcia su Roma re Vittorio Emanuele III diede l’incarico a Mussolini di formare un nuovo governo (30 ottobre 1922). I sostenitori del primo governo Mussolini (1922-1924) furono fascisti, liberali e fino al 1923 anche popolari. Nei primi due anni di governo Mussolini rispettò le leggi e questa fase viene chiamata legalitaria. Ma le squadre fasciste continuarono nella loro lotta contro i socialisti. Nel 1923 le squadre furono istituzionalizzate attraverso la creazione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN): una forza armata alle dipendenze del Duce. Anche le elezioni del 6 aprile 1924 si svolsero in un clima di tensioni, violenze e irregolarità: un candidato venne addirittura ucciso e a molti antifascisti fu impedito di votare. Nonostante questo le opposizioni ottennero un risultato significativo, 35, 1 % dei voti, ma la maggioranza andò alla lista fascista, alla quale si erano presentati anche importanti personalità liberali. Il 30 maggio del 1924 le violenze e le gravissime irregolarità avvenute durante le elezioni vennero denunciate dal socialista Giacomo Matteotti con un coraggioso e duro discorso alla Camera. 

Matteotti, dieci giorni dopo, venne rapito e assassinato dagli squadristi. Il suo corpo fu ritrovato in un bosco nei pressi di Roma il 6 agosto del 1924. La responsabilità di Mussolini e dei suoi collaboratori fu subito chiara e i rappresentati dei partiti antifascisti per protesta abbandonarono l’aula del parlamento, riunendosi nell’Aventino. I deputati dell'Aventino speravano di convincere il re Vittorio Emanuele III ad intervenire contro Mussolini per ristabilire la legalità ma il re non fece nulla. Mussolini in un famoso discorso alla Camera dei Deputati, il 3 gennaio 1925, assunse l'intera responsabilità politica e morale di quanto era accaduto.

Il fascismo: riassunto

A partire da questo momento il fascismo si trasformò definitivamente in una dittatura e in uno Stato totalitario, questo perché Mussolini aveva pieni poteri sullo Stato. L’anno seguente vennero sciolti tutti i partiti dell'opposizione, vennero chiusi tutti i giornali antifascisti. La trasformazione dello Stato liberale in Stato totalitario fu completata con una nuova legge elettorale (1928) con la quale affidò al Gran Consiglio del Fascismo il compito di presentare un lista unica di candidati: i cittadini non potevano più scegliere i loro rappresentanti, potevano solo approvare o meno la lista proposta. Le libere elezioni erano così sostituite dai plebisciti. Inoltre, nacque una polizia segreta, l'OVRA (Opera di Vigilazione per la repressione degli antifascisti).

Mussolini: politica estera

La politica estera di Mussolini fu nazionalista e colonialista: nazionalista perché fu aggressiva nei confronti delle altre potenze europee (il fascismo voleva imporre la supremazia sulle altre nazioni); colonialista perché impegnò il paese nella conquista di nuove colonie. Per Mussolini l'espansione coloniale avrebbe dato prestigio all'Italia e avrebbe risolto il grave problema della disoccupazione, offrendo agli italiani nuove terre da lavorare. Il primo obiettivo del progetto fascista fu l'Etiopia.

L'alleanza con Hitler

Mussolini e Hitler
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Dopo la vittoria in Etiopia, sì avvicinò alla Germania di Hitler e con il quale firmò il Patto d'Acciaio (1939). La Germania infatti non aveva disapprovato la conquista e aveva appoggiato l'Italia con rifornimenti di armi e di materie prime.

Nell'ottobre 1936 si giunse alla firma dì un patto amicizia: l'Asse Roma-Berlino. L'alleanza fu rafforzata l'anno successivo, quando anche l'Italia aderì, ad un patto tedesco-giapponese contro il comunismo internazionale: il Patto Anticomintern. La conseguenza più grave dell'alleanza tra Mussolini e Hitler fu l'introduzione in Italia delle leggi razziali contro gli ebrei nel 1938. Queste leggi suscitarono molte perplessità nell'opinione pubblica e la dura condanna della Chiesa cattolica e prepararono la crisi del regime che sarebbe terminata nella seconda guerra mondiale. Tra i due dittatori, comunque, l'alleanza fu rafforzata nel 1939 con il Patto d'Acciaio. Con esso le due nazioni si impegnarono reciprocamente nel caso di una guerra.

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