La storia degli anni '60 e '70: riassunto

Anni '60 e '70 in Italia e nel mondo: riassunto schematico dei principali avvenimenti dagli anni del boom economico in poi

La storia degli anni '60 e '70: riassunto
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Storia degli anni '60 e '70

Anni '60 e '70: cosa ricordare dei principali eventi che hanno investito il mondo?
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Gli anni '60 e '70 in Europa e nel mondo sono stati due decenni fondamentali: hanno segnato la politica e la società in modo permanente, contribuendo in alcuni casi anche alla revisione dei valori fino a quel momento considerati come indiscutibili.Di seguito, vedremo in che modo e da quali punti di vista gli anni Sessanta e Settanta hanno cambiato il mondo, e quali sono stati gli eventi scatenanti per la rivoluzione politica, economica e sociale che sarebbe sfociata nel mondo attuale.

Gli anni Sessanta

Ecco i principali eventi che hanno caratterizzato gli anni '60 in Europa e nel mondo.

Lo sforzo di pace di John Fitzgerald Kennedy

Nel novembre del 1960 John Fitzgerald Kennedy venne eletto presidente degli Stati Uniti. Pur non rinunciando al forte anticomunismo che aveva caratterizzato l’amministrazione Eisenhower, egli, cosciente del pericolo che una guerra nucleare avrebbe creato, tentò di avviare delle soluzioni di tipo pacifico. Innanzitutto egli promosse cooperazione e aiuti economici a favore delle nazioni nascenti o più bisognose in Africa ed in Asia in modo tale che esse venissero incoraggiate verso forme di governo democratiche. Spinse inoltre al dialogo con tutti i Paesi occidentali e si propose di ottenere l’appoggio anche dei paesi non allineati al fine di garantire il più possibile un equilibrio nei blocchi contrapposti. Le nuove aperture, tuttavia, non fecero mai dimenticare la possibilità di un conflitto reale, in quanto tra Mosca e Washington permanevano numerosi punti di attrito.

Dalla crisi di Cuba alla Guerra in Vietnam

All’inizio degli anni ’60 l’America latina divenne il centro di una grandissima crisi. Nell’aprile del '61 Kennedy autorizzò l’invasione di Cuba da parte di esuli addestrati dalla Cia, sperando che la popolazione si sarebbe sollevata contro il neonato regime socialista. Il tentativo fallì e Castro strinse alleanza con l’Unione Sovietica e si accordarono per l’installazione a Cuba di missili nucleari. Kennedy proclamò il blocco navale dell’isola, per impedire vi giungessero armi atomiche. La crisi si risolse solo con un compromesso: i sovietici smantellarono le basi a cuba e gli Stati Uniti si impegnarono a rispettare la sovranità del regime di Castro.

Nell’aprile '63 papa Giovanni XXIII diede alle stampe l’enciclica Pacem in terris, in cui auspicava il dialogo tra superpotenze e deprecava lo spreco di risorse. L’appello non rimase inascoltato e Stati uniti e Unione Sovietica firmarono un trattato che banditagli esperimenti nucleari nell’atmosfera e nei mari, ammettendo solo quelli compiuti sottoterra. Ma presto i grandi protagonisti di questi sforzi scomparvero: Kennedy fu assassinato a Dallas (22-05-63) in circostanze mai del tutto chiarite, Kruscev perse il potere, estromesso da una congiura di palazzo e Giovanni XXIII, che inaugurò il Concilio ecumenico vaticano II, destinato a rinnovare profondamente la Chiesa, favorendone l’apertura ai problemi della società e dialogo con le altre religioni, si spense nel giugno '63.

Altro epicentro di crisi, negli anni Sessanta, fu il Vietnam, dove l’ex possedimento coloniale francese era stato diviso dalla Conferenza di Ginevra del '54 in Vietnam del Nord, che riceveva aiuti cinesi e sovietici, e Vietnam del Sud, che aveva l’appoggio degli Stati uniti.

Presto nel Vietnam del Sud si sviluppò la guerriglia dei vietcong, appoggiati dal governo del Nord. Convinti che la caduta di Saigon avrebbe portato alla conquista comunista di tutto il sud-est asiatico, gli Stati Uniti affrontarono il pericolo, decisi a respingerlo e Kennedy sostenne il regime del Vietnam del Sud con un corpo di spedizione di 30mila uomini. All’inizio del 1968, i ribelli, con l’aiuto attivo della popolazione contadina sudvietnamita e appoggio delle potenze comuniste, lanciarono un’offensiva durissima che colse di sorpresa gli avversari e venne respinta solo a carissimo prezzo.

Stati Uniti ed Europa occidentale negli anni ’60

Negli Stati Uniti le elezioni presidenziali del 1960 avevano portato alla vittoria il giovane J.F. Kennedy, cattolico, democratico. Il suo programma di riforma si basava sulla piattaforma del New Deal roosveltiano, rimodellato e ribattezzato “nuova frontiera”, cioè la nuova frontiera del benessere e della piena democrazia che diventava la meta simbolica alla quale tutto il popolo statunitense doveva tendere.

In politica interna significava allargare la scala della protezione sociale ai più bisognosi e soprattutto dare ad ogni cittadino eguali diritti e opportunità. Si sviluppò così la politica desegregazionista già avviata negli anni 50 quando si pose fine alla separazione tra neri e bianche nelle scuole e nei trasporti. Il clima di rinnovamento e le tensioni che caratterizzarono gli stati del sud, dove più forte era il sentimento razzista, portarono a far emergere il carisma di Martin Luther King, leader dei neri che guidò numerose marce pacifiche in difesa dei diritti. Kennedy elaborò un progetto di legge sull’uguaglianza dei diritti civili che non poté portare a termine poiché venne assassinato nel 1963. Ma il Civil rights act venne fatto approvare l’anno seguente e rappresentò la base per una nuova era per i rapporti tra le varie etnie.

Il paese continuò intanto a sperimentare un notevole progresso economico. Venne infine ribadito il primato scientifico e tecnologico grazie alla vittoria della corsa allo spazio intrapresa in competizione con l’Unione Sovietica. Proprio Kennedy lanciò infatti il programma astronomico che nel 1969 portò l’americano Neil Armstrong sulla Luna.

Il Boom economico dell’occidente

Gli anni '60 sono quelli del consumismo e del boom economico
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Il periodo che va dal 1946 al 1975 viene dagli storici chiamato L’età dell’oro. Corrisponde infatti alla fase di crescita più lunga e intensa che i paesi industrializzati abbiano mai conosciuto. Il boom economico cominciò subito dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti, che da allora si affermarono come potenza guida del pianeta, ma raggiunse i risultati migliori in Europa occidentale e in Giappone. L’industria, i commerci, l’agricoltura e i servizi crescevano in misura mai sperimentata in passato.

Ciò fu dovuto a una serie di condizioni particolari che generarono un effetto cumulativo vantaggioso:

  • Si affermò la produzione standardizzata di massa grazie alla catena di montaggio, che permetteva di portare sul mercato beni largamente standardizzati e a prezzi accessibili per tutti.
  • Nacquero le politiche di piano, cioè gli interventi dello Stato finalizzate alla promozione degli investimenti e al giusto indirizzo delle risorse.
  • Si affermarono anche in Europa le teorie keynesiane sulla scorta del New Deal: economia di mercato e pianificazione pubblica andavano integrate per assicurare alti livelli occupazionali e distribuzione meno diseguale dei redditi.
  • Il petrolio divenne la fonte di energia privilegiata e a bassissimo prezzo.
  • Vi fu una notevole crescita dell’occupazione in fabbrica: il tasso di disoccupazione era intorno al 2%.
  • Forte stabilità monetaria, inflazione molto contenuta, buon andamento del debito pubblico.

Anche le campagne furono nel dopoguerra investite da una straordinaria trasformazione anche grazie all’uso di concimi chimici, pesticidi, nuove tecnologie. Le vecchie aziende agricole in cui il lavoro familiare puntava in primo luogo alla soddisfazione dei bisogni dei suoi componenti, venne definitivamente sostituita da un nuovo modello di conduzione, mirante sempre e comunque alla massimizzazione della produzione.

Prese in questi anni l’avvio della cosiddetta rivoluzione dei consumi: beni di consumo durevoli, come l’automobile e gli elettrodomestici, raggiunsero una diffusione di massa elevando e modificando totalmente il tenore di vita degli abitanti dell’Ovest.

Il tasso di crescita della popolazione mondiale crebbe sproporzionatamente in quegli anni. Ciò era inoltre accompagnato da un allungarsi della vita media, grazie al generale miglioramento delle condizioni sanitarie, alimentari, igieniche. Era il fiorire questo della cosiddetta generazione del baby boom, che diede un contributo fondamentale tanto allo sviluppo economico quanto alla rivoluzione dei consumi. L’espandersi della popolazione generò infatti una maggiore domanda di beni durevoli, abitazioni e servizi come asili, scuole, ospedali.

I movimenti di protesta

Gli anni Sessanta furono caratterizzati nel mondo occidentale da un inedito fenomeno di massa: un movimento di protesta giovanile che dagli Stati Uniti si diffuse anche in Europa ed ebbe per protagonisti principalmente gli studenti delle università. Questi studenti si affiancarono prima per proteggere i diritti civili dei neri e incanalarono poi la loro protesta in difesa dei Vietcong. Essi si scagliavano contro il potere dei militari, l’autoritarismo delle istituzioni tradizionali, la società dei consumi e i suoi valori. Nella seconda metà del decennio la composizione del movimento studentesco si modificò ulteriormente divenendo più complessa e aggregando diverse forme di protesta che attraversavano la società nordamericana.

La Francia fu tra i paesi protagonisti del Sessantotto
Fonte: ansa

Tra i vari movimenti si ricordano il movimento hippy, libertario e pacifista e, in generale, tutti quei movimenti che seguivano stili di vita orientali e consumavano droghe. Nacquero anche associazioni politicizzate in difesa dei diritti degli afroamericani (Black Panthers e Black Power); queste ultime non disdegnavano l’uso della violenza e si distanziavano notevolmente dalle manifestazioni pacifiche organizzate, ad esempio, da Martin Luther King. Dopo la metà degli anni Settanta i movimenti di protesta sbarcarono anche in Europa, dove la scolarizzazione di massa favorì il diffondersi di numerose idee politiche tra un numero crescente di ragazzi. Tuttavia il messaggio statunitense venne completamente rielaborato. All’opposizione antiborghese gli studenti europei opposero miti tratti dal comunismo non sovietico e il mito dei paesi in via di sviluppo come emblema della lotta al colonialismo occidentale venne esaltato.

Le proteste europee scoppiarono intorno al 1968 e tra i movimenti studenteschi più ferventi si annoverano il movimento italiano, il francese e quello tedesco-occidentale. Fondamentale importanza ebbe per l’evoluzione della società occidentale a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta il movimento di emancipazione delle donne. In questi anni infatti giunsero critiche da ogni donde che accusavano la società occidentale di essere maschilista e sessista. Veniva infatti contestata la divisione in ruoli sessuali che confinavano la donna ad avere compiti assai limitati come procreazione e cura della casa. Le femministe cercarono prima di tutto la parità tra i sessi, libero accesso e equa remunerazione al lavoro, uguaglianza di diritti e di doveri in famiglia.

Unione Sovietica: “disgelo” e caduta di Kruscev

Con Nikita Kruscev al governo si aprì per l’Unione Sovietica un periodo di successi che diedero idea di un forte dinamismo sociale e di una floridità economica. Vi furono infatti enormi progressi economici e, sebbene l’industria pesante continuava ad avere un ruolo fondamentale nell’industria economica russa si cominciò anche ad investire in quella leggera e soprattutto in quella chimica, elettronica e tecnologica. Non a caso Mosca intraprese una sorta di competizione per la conquista dello spazio e fu proprio un russo che per primo compì con la sua navicella un’orbita attorno alla Terra. All’epoca, tuttavia, in URSS la situazione alimentare era ancora precaria e l’agricoltura rappresentava ancora un punto debole dell’economia.

Fidel Castro e Nikita Kruscev
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A stento venivano soddisfatti i bisogni primari dei cittadini. In agricoltura, come in ogni settore dell’economia sovietica mancavano qualità, produttività e innovazione. Intanto sul piano politico continuava la destalinizzazione. Kruscev si scagliò apertamente contro i crimini commessi da Stalin e Stalingrado venne ribattezzata come Volgograd. Migliaia di persone, inoltre, vennero liberati dai campi di internamento. Gli anni del governo Kruscev vennero quindi definiti anni del disgelo, ma lo stesso presidente venne ben presto estromesso dalla guida del Paese. Dopo di lui la direzione sovietica venne affidata al nuovo segretario del Pcus, Leonid Breznev. Egli era un uomo estremamente conservatore, privo di carisma e dallo stile burocratico e impersonale.

L’Europa dell’est dal muro di Berlino alla “primavera di Praga”

Anche i paesi satelliti dell’Unione sovietica, specularmente alla Russia conobbero tra gli anni Cinquanta e Sessanta una notevole crescita del prodotto interno lordo gravata però da numerose contraddizioni. La pianificazione statale infatti privilegiò l’industria pesante sacrificando sia l’agricoltura sia l’industria leggera che negli stati occidentali invece era alla base dello sviluppo economico. Ai cittadini della sfera orientale mancavano beni di prima necessità e quelli di cui disponevano erano di scarsa qualità. Vi era completa mancanza di competitività tra aziende, la rinuncia al profitto come indicatore di crescita rendeva impossibile una razionalizzazione pianificata dei beni da produrre e, per tale motivo, il comunismo si avviò verso il suo declino irreversibile.

In Europa orientale, la repressione della rivolta d’Ungheria del 1956 aprì la strada ad un periodo di immobilismo politico. Ogni tentativo di rinnovamento e destalinizzazione venne rallentato o bloccato dalle autorità locali. L’Unione Sovietica aveva infatti una sola preoccupazione: stabilizzare il potere comunista nelle democrazie popolari. Tale obiettivo venne perseguito anche a costo di mettere a rischio la coesistenza pacifica con l’Occidente.

Questo è proprio quel che accadde nel 1961, con la costruzione del muro di Berlino. Nella notte tra il 12 ed il 13 Agosto, le autorità comuniste fecero edificare un muro che separava Berlino Est da Berlino Ovest, nell’intento di frenare il flusso di tedeschi orientali che fuggivano verso il settore occidentale. L’edificazione di tale muro divenne ben presto il simbolo della Guerra Fredda e arrecò un gran danno di immagine all’Est Europa, agli occhi del mondo vista come una grande prigione.

In Europa orientale gli eventi di maggiore impatto in questo periodo riguardarono soprattutto la Cecoslovacchia. Negli anni Sessanta la difficile situazione economica e il malcontento popolare generarono moltissimi conflitti all’interno del partito comunista stesso. Dal dissidio emerse la figura di Aleksander Dubcek, figura di mediazione cui nel gennaio 1968 venne affidato il potere. Cominciò la breve stagione di riforme conosciuta come primavera di Praga, nacque quindi una forma di socialismo definita socialismo dal volto umano che generò in Cecoslovacchia e in Occidente, grande trepidazione. L’Unione Sovietica decise l’intervento militare come risposta, al fine di restaurare la durezza e la rigidità del sistema comunista.

Gli anni Settanta

Ecco quali sono i principali avvenimenti degli anni Settanta in Italia e nel mondo.

La “stagnazione brezneviana”

Tra anni Sessanta e Ottanta, l’Unione Sovietica sperimentò la cosiddetta “stagnazione brezneviana”. Il sistema era improntato al modello partito-Stato e la dirigenza si orientò a una rigida difesa della dottrina marxista-leninista. Burocrazia e immobilismo ideologico divennero strumenti privilegiati di controllo della società e non c’era più spazio per utopie e mobilitazione sociale. Iniziarono comunque ad emergere inquietudine e contestazione ed emerse un dissenso contro il quale agiva l’arbitrio poliziesco: non si fucilavano più il “colpevoli”, ma li si condannava al trattamento psichiatrico o all’espulsione.

Leonid Breznev
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Anche l’economia sovietica iniziò a mostrare grandi crepe: industria leggera e la diffusione dei beni di consumo non facevano passi avanti, il mercato nero ebbe un grande sviluppo e all’inizio degli anni '80 esplosero in Unione Sovietica, Polonia e Romania vere e proprie crisi alimentari. Da tutto ciò derivò un allentamento dei vincoli morali e delle regole condivise che avevano sostenuto fino ad allora la società sovietica, e il conseguente allargarsi di corruzione e degrado nella vita pubblica. Intanto i cittadini si rinchiusero nella propria sfera privata, mostrando all’esterno conformismo e approvazione verso il regime.

In questo periodo l’Unione Sovietica perseverò nella politica di distensione internazionale e concluse con gli Stati Uniti un accordo sulla limitazione dei missili nucleari intercontinentali. Al contempo, cercò di consolidare il proprio dominio sull’Europa orientale e le nuove Costituzioni introdotte in Bulgaria, Romania, Repubblica democratica tedesca formalizzarono il ruolo dirigente del partito comunista.

Nel 1975 si verificò un importante mutamento attraverso la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, tenutasi a Helsinki: l’Atto finale della Conferenza sancì la distensione tra le due superpotenze e garantì le frontiere del blocco comunista nel vecchio continente, risultato a cui Mosca aspirava da tempo, ma che vincolò anche Unione Sovietica al dialogo reciproco, ai contatti culturali e soprattutto a garantire i diritti umani nei suoi territori. Fu un forte incoraggiamento al dissenso politico in tutto l’Est e il dissenso non metteva più in discussione il potere del Partito socialista, ma la sua stessa pretesa di comprimere i diritti dell’individuo, di manipolare e privare il cittadino della sua identità.

Stati Uniti ed Europa negli anni Settanta

Richard Nixon
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Negli anni '70 gli Stati Uniti affrontarono sul piano internazionale la perdita di prestigio dovuta alla sconfitta in Vietnam ma cercarono di compensare con l’apertura al dialogo con importanti nuove potenze come la Cina. Vissero inoltre una difficile transizione sul piano interno: Richard Nixon, eletto al secondo mandato, dovette dimettersi perché coinvolto in uno scandalo politico, la protezione cioè di alcuni collaboratori che avevano fatto spiare in campagna elettorale gli avversari del partito democratico. Ciò lo portò così all’impeachment, cioè una messa in stato d’accusa del presidente da parte del Congresso.

Gli successe il democratico Jimmy Carter, sostenitore profondo della pace, che ebbe il grande merito di condurre israeliani e egiziani al tavolo delle trattative per gli accordi di Camp David. La sua debole opposizione all’Unione Sovietica e la difficile situazione economica interna gli valsero la sconfitta alle elezioni successive.

L’Europa occidentale degli anni '70 fu attraversata da tendenze assai contraddittorie. I paesi dell'allora CEE fecero decisivi passi avanti verso una maggiore integrazione economica e politica e la caduta delle dittature di Spagna, Portogallo e Grecia confermò la progressiva maturazione democratica del vecchio continente. D’altro canto, tutti i governi dovettero fare i conti con una pesante crisi economica mentre il terrorismo compariva e oscurava l’orizzonte di molti popoli, in particolare Italia e Germania.

L’Occidente e la crisi economica degli anni Settanta

Verso la metà degli anni Settanta, l’Occidente andò incontro a gravi difficoltà economiche che segnarono la fine dell’età dell’Oro. L’improvviso aumento del prezzo del petrolio, causato nel 1973 dalla Guerra del Kippur, mandò in crisi il sistema di produzione europeo.

Il costo del petrolio triplicò in poco tempo e questo scatenò la crisi economica dell’Occidente. I prezzi al consumo di tutti i beni cominciarono a salire, la domanda calò ed egualmente scesero i tassi di occupazione. Il PIL diminuì in maniera rapida e l’inflazione sembrava essere inarrestabile. La sproporzione tra entrate e uscite crebbe e si arrivò al deficit di bilancio. Furono introdotte ovunque misure atte a diminuire i consumi ed evitare gli sprechi.

Altra causa ed allo stesso tempo effetto della crisi economica fu l’instabilità monetaria. Nel 1971, con il gold exchange standard, Richard Nixon impedì la convertibilità del dollaro in oro ed ammise in sostanza di non possedere sufficienti riserve auree atte a soddisfare l’eventuale richiesta di cambio. L’incertezza sul prezzo delle valute ostacolò i movimenti internazionali di capitali. I governi presero a svalutare la moneta nazionale per favorire l’esportazione dei propri prodotti naturali, tuttavia tale tentativo di risoluzione della crisi economica si rivelò fallimentare. La fine del ciclo espansivo rese chiara l’impossibilità di sostenere i costi dello Stato sociale. La crisi economica seguita dallo shock petrolifero non fece che amplificare queste difficoltà, attraverso la crescita delle spese per i sussidi di disoccupazione e per aiuti alle industrie in crisi. Al fine di arginare il fenomeno recessorio molti governi tentarono di inasprire il prelievo fiscale con l’emissione di titoli di Stato ad alto tasso di interesse.

Il Sessantotto: ascolta la puntata del podcast

Il Sessantotto segna una continuità tra la fine degli anni '60 e il movimento sociale e culturale che caratterizzerà i '70. Ascolta la puntata del nostro podcast che ti racconta quell'epoca in pochi minuti:

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