La luna e i falo: recensione e commento

La luna e i falo: recensione e commento personale del libro di Cesare Pavese (2 pagine formato doc)

Appunto di jenius

LA LUNA E I FALO': RECENSIONE E COMMENTO

Recensione: La luna e i falò di Cesare Pavese.

IV edizione maggio 1964. Arnoldo Mondadori Editore, Milano. n. pagine 140.
L’opera conclusiva dello scrittore italiano Cesare Pavese, “La luna e i falò”, narra la vicenda di un uomo, che parla in prima persona, perciò il narratore è interno. Dopo aver fatto fortuna in America, ritorna al suo paese di origine e ricorda gli eventi di una vita di povertà, molto lontana dalla sua at-tuale situazione.
La focalizzazione è interna fissa, poiché è riportato il punto di vista del protagonista di cui durante la lettura non si riesce a scoprire il vero nome, ma solo un soprannome, Anguilla, che gli è stato messo da ragazzo, quando faceva il contadino presso un vasto podere.
I fatti sono riportati dal narratore senza alcun ordine logico o cronologico, ma nella sequenza in cui li vive o gli tornano alla mente. Infatti, gli avvenimenti riportati non sono solo quelli della sua vita di adolescente, ma anche quelli che vive nel momento in cui racconta. È evidente che la ricostruzione della fabula, estremamente diversa dall’intreccio, è complessa.

LA LUNA E I FALO': RECENSIONE DETTAGLIATA

Anguilla è un cosiddetto “bastardo”, ovvero un bambino di cui non si conoscono i genitori che, alla nascita, lo hanno abbandonato. Era prassi di quell’epoca affidare tali bambini a delle famiglie che mensilmente, in cambio della loro ospitalità, ricevevano una somma di denaro. Lo ospitò una fami-glia composta dai genitori, Virgilia e Padrino, e due figlie, Angiolina e Giulia. Vissero diversi anni nel casotto di Gaminella dove il protagonista passò l’infanzia, di cui ha molti ricordi. Rammenta so-prattutto i luoghi: le rive del fiume Belbo, i noccioli lì accanto, le colline attorno alla sua casa e le vi-gne. Ma Gaminella non era il suo paese, non aveva un luogo di provenienza, ne’ un’origine certa e spesso ne soffriva e la desiderava. Lì era vissuto fino a quando il Padrino non aveva più avuto i soldi per abitarci e insieme alla sua famiglia si era trasferito a Cossano. Il protagonista, che da allora non rivide più la famiglia adottiva, era stato portato presso un grande podere, la Mora, vicino al paese di Canelli, a fare il contadino. Il padrone di tutto era il sor Matteo che aveva tre figlie: due già grandi, la bella e bionda Irene e la bruna e trasgressiva Silvia e una terza, Santa, avuta dalla seconda moglie Elvira.

La luna e i falò: recensione

LA LUNA E I FALO': COMMENTO PERSONALE

Anguilla (questo soprannome glielo aveva dato una domestica della Mora) vivendo lì aveva conosciuto il suo migliore amico, Nuto. Era più grande di lui di qualche anno, perciò lo vedeva come un maestro esperto e vissuto. Suonava il clarino, ma crescendo aveva preferito un lavoro più stabile e faceva il falegname. Durante gli ultimi anni della permanenza al podere del narratore, alle figlie maggiori erano accadute varie peripezie. Irene, dopo essersi fidanzata con diversi ragazzi, si era am-malata di tifo e dopo tale malattia si era sposata con Arturo, figlio del medico del paese. Silvia era scapestrata, perché aveva avuto molte relazioni, rimasta incinta, aveva abortito illegalmente ed a cau-sa di ciò era morta dissanguata. Intanto anche Anguilla era cresciuto, era più rispettato dai suoi pa-droni e si era anche trovato una ragazza. Nonostante ciò, era consapevole del fatto che un giorno, non lontano, avrebbe lasciato la Mora per non continuare a dipendere da qualcuno. Infatti, se fosse rimasto lì, non avrebbe avuto nessuna opportunità di miglioramento.  In seguito andò a Genova per il servizio militare, dove conobbe un’altra ragazza. La giovane lo aiutò a fuggire in America, nel mo-mento in cui, i suoi amici comunisti vennero catturati dai fascisti.
Nel Nuovo Continente aveva viaggiato a lungo, conosciuto molte persone ed aveva fatto fortuna. Era certo che un giorno sarebbe ritornato al paese dove aveva trascorso la sua infanzia.