Se questo è un uomo: analisi
Analisi del libro di Primo Levi, Se questo è un uomo: poesia, stile e linguaggio, luogo, tempo e personaggi (4 pagine formato doc)
SE QUESTO E' UN UOMO: ANALISI
Il libro: "Se questo è un uomo" è stato scritto da Primo Levi nel 1946 a pochi mesi di distanza dalla liberazione dal Lager, anche se in realtà egli aveva già cominciato a scrivere quand’era ancora nel campo e più precisamente quando cominciò a lavorare in laboratorio. Come sente il bisogno di specificare nella Prefazione, è bene ricordare che niente di tutto quello narrato, né i luoghi, né i personaggi sono inventati, ma sono appunto testimonianze di chi le ha vissute da dentro, di là dal filo spinato che isolava il campo e i suoi “ospiti” dalla vita. L’esigenza di raccontare cos’ha visto, cos’ha subito, di far sapere al mondo cosa avvenne veramente, di rendere partecipe tutti al fine di non dimenticare e non rifare gli stessi errori, sta alla base di “Se questo è un uomo”.SE QUESTO E' UN UOMO: POESIA
La poesia: Il libro si apre con una poesia che coinvolge i lettori in prima persona, contrapponendo la loro confortevole situazione (“Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case…”) a quella di un uomo o una donna non più degni di questo nome, quali i prigionieri del Lager.
Lo stile e il linguaggio: Il protagonista parla quindi in prima persona e quasi sempre prevale il punto di vista interno del personaggio più che quello onnisciente del narratore. Proprio per dare sfogo all’istinto di narrare una serie di vicende, senza necessariamente seguire un ordine cronologico, Levi non si cura molto dello stile che risulta così molto diretto: frequente l’uso di periodi brevi o comunque d’immediata comprensione, nonché molte similitudini e figure retoriche in genere, che stimolano l’immaginazione del lettore, per meglio immedesimarlo nella descrizione; ad esempio, il momento della sveglia viene descritto come “un cancro rapido”, oppure i prigionieri in fila dietro al Kapos vengono paragonati a dei “goffi pulcini”, o ancora i prigionieri che si guardano intorno ai primi raggi del Sole estivo, dopo il lungo inverno, sono come i “ciechi che riacquistano la vista”.
Se questo è un uomo: recensione e commento
SE QUESTO E' UN UOMO: TEMATICHE
Significativi sono, inoltre, i numerosi riferimenti all’Inferno di Dante, che ben si conciliava con la condizione “infernale” del Lager (il guardiano del vagone che trasportava i prigionieri era appunto detto “Caronte”, il traghettatore delle anime). Infine. è molto frequente l’uso del gergo del Lager, che comprendeva parole di diverse lingue, specie tedesche, o anche espressioni usate dagli Haftlinge; così, il nome “musulmani” stava ad indicare i cosiddetti “sommersi”, cioè i prigionieri destinati sicuramente a soccombere, oppure, per indicare i nuovi arrivati, si usava l’espressione “Grandi numeri”, riferendosi al numero di serie che veniva tatuato ad ogni prigioniero e che diventava il loro nuovo nome. Levi si chiamava 174 517.
SE QUESTO E' UN UOMO: ANALISI DEL TESTO
Addirittura Levi afferma che, per descrivere la loro condizione di “non-uomini”, di “bestie stanche”, le parole “fame”, “freddo”, “paura” non erano neanche adatte, perché il loro modo d’avere fame, freddo e paura no era quello di un qualunque uomo affamato, infreddolito e impaurito; queste sono “parole libere create da e per gli uomini liberi”, mentre per descrivere il Lager occorrerebbe inventare delle nuove parole.
Il luogo: Il preciso scopo di documentare l’umanità sta anche nelle precise e dettagliate descrizioni dei luoghi, dei ritmi, delle regole e delle abitudini di quella “macchina per fabbricare cadaveri” che è il campo di concentramento nazista; si perché i tedeschi hanno uno spiccato senso dell’ordine e della precisione e ogni minima cosa, dal regolamento alle marce (“che giacciono incise nelle nostre menti…”) era stata studiata e premeditata per creare un “esercito di larve” che non avesse più niente di umano (“non pensano, non vogliono: camminano…”).