Un amore senza confini : Orfeo ed Euridice
Rielaborazione del mito di Orfeo ed Euridice (4 pagine formato doc)
Era una mattina meravigliosa nella regione dell’Attica.
Il sole splendeva alto nel cielo, sgombro di nuvole. Le colline si estendevano a vista d’occhio e su di esse cresceva rigogliosa una fitta vegetazione d’ulivi. Le gazze volteggiavano alte nel cielo, lanciando il loro canto sgraziato. Orfeo, grande musicante e cantore famoso in tutta l’Attica, sedeva all’ombra di un ulivo. Con la schiena poggiata sul ruvido tronco dell’albero, il poeta suonava una lira d’oro, e cantava una melodia soave ed armoniosa. Al suo fianco, accucciati per terra, si trovavano due feroci sciacalli ed una lince aggressiva. In effetti, i tre animali non attaccavano l’uomo, che tranquillamente suonava il suo amato strumento. Difatti il suono melodioso e gradevole della lira e del suo canto avevano un effetto miracoloso: riuscivano ad ammansire le bestie più feroci, e riuscivano per giunta a smuovere le montagne. Orfeo suonò a lungo, sembrando quasi incurante del magnifico evento che da lì a poco si sarebbe dovuto svolgere. Infatti, quel giorno si sarebbero dovute svolgere le sue nozze fastose con la bella ninfa Euridice. In effetti, Orfeo mascherava l’enorme contentezza che lo pervadeva, al solo pensiero di sposare la donna che amava. Dall’altra parte d’Atene, l’Agorà era in fremito. Chi correva di qua e di là, gente che si accalcava e bambini che schiamazzavano. Difatti, nella piazza, accompagnata dalle sue graziose ancelle, la bella ninfa Euridice si dirigeva verso lo sfarzoso tempio d’Atena. La bella giovane indossava un lungo abito bianco. Il suo capo era coperto da un velo color arancione ed indossava una corona di ciclamini. Da sotto il velo sfuggivano i suoi lunghi capelli corvini. Mentre la fanciulla si accingeva e salire la scalinata del tempio, dall’altra parte dell’Agorà arrivò correndo un giovane barbuto che le corse incontro con uno sguardo minaccioso. Era Aristeo, da tempo innamorato della ninfa Euridice, e non le aveva perdonato il suo matrimonio con Orfeo. Era un giovane con abiti da pastore, che, arrivato ai piedi del tempio, afferrò la ninfa per il polso e la strattonò. La ragazza lanciò un urlo di terrore e tutta le folla, anziché avvicinarsi per aiutarla, si allontanò. “Cos’è questa storia che sposi quel nullafacente di Orfeo? Vieni con me!” affermò brusco Aristeo. La fanciulla cadde a terre. Riuscì a liberarsi dalla stretta dell’uomo e scappò via. Dopo, Euridice si addentrò in una foresta di faggi, ma ciò non fermò per nulla l’impeto di Aristeo. Presa dal fiatone la ninfa corse più veloce che potè, ma inciampò nel suo candido vestito e cadde per terra. Malauguratamente, per frenare la caduta, la ninfa mise la mano su di una radice di un faggio. Ma quella non era una radice: era una vipera, che fulmineamente si avventò sul braccio dalla ragazza. Il serpente si avvinghiò al braccio di