Tema sulla guerra: testo argomentativo svolto

Tema sulla guerra: testo argomentativo già svolto su guerra, conflitti e conseguenze con riflessioni degli autori italiani e stranieri

Tema sulla guerra: testo argomentativo svolto
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Tema sulla guerra

Tema argomentativo sulla guerra
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La guerra è il male peggiore che affligge la società umana ed è fonte di ogni male e di corruzione. Ad essa non è possibile fornire una cura assoluta e immediata.    
Immanuel Kant

Il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto da una quiete durevole, così la guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe una pace durevole o perpetua.
Georg Wilhelm Friedrich Hegel

Introduzione

Il tema sulla guerra è uno dei modi che i docenti hanno a loro disposizione per aiutare a riflettere gli studenti sui conflitti attualmente in corso: quello Israelo Palestinese e quello tra Russia e Ucraina.

Di seguito trovi un tema svolto sulla guerra completo di riflessioni di autori italiani e stranieri, da cui puoi prendere spunto per svolgere la traccia che ti hanno assegnati i docenti.

Nonostante la guerra sia nei fatti un massacro, si continua a fare. Le cause sono tante: politiche, militari, economiche, territoriali, religiose. 

La guerra esiste da sempre: se ne hanno testimonianze sin dalle più antiche civiltà. E nonostante sia qualcosa di oggettivamente distruttivo e deleterio per gli uomini, anche fra gli intellettuali il pensiero su di essa si è diviso: da un lato i detrattori, dall'altro chi la esalta come simbolo di forza e potenza.

Fra chi si schiera contro la guerra troviamo Renato Serra, che vede il conflitto come perdita, dolore, sperpero, distruzione.

Nel suo “Esame di coscienza di un letterato” tratto da “La Voce” del 30.4.1915 afferma:

È una vecchia lezione! La guerra è un fatto, come tanti altri in questo modo; è enorme, ma è quello solo; accanto agli altri, che sono stati e che saranno: non vi aggiunge; non vi toglie nulla. Non cambia nulla, assolutamente, nel mondo. Neanche la letteratura: […]. La guerra non cambia niente. Non migliora, non redime, non cancella: per sé sola. Non fa miracoli. Non paga i debiti, non lava i peccati. In questo mondo, che non conosce più la grazia. Il cuore fatica ad ammetterlo: [...] Che cosa è che cambierà su questa terra stanca, dopo che avrà bevuto il sangue di tanta strage: quando i morti e i feriti, i torturati e gli abbandonati dormiranno insieme sotto le zolle, e l’erba sopra sarà tenera lucida nuova, piena di silenzio e di lusso al sole della primavera che è sempre la stessa?” 

Svolgimento

Non esiste probabilmentenun modo oggettivo di parlare della guerra, né tantomeno di farla. Pensare a un mondo senza guerre o a una guerra "giusta" è probabilmente impossibile, per la natura stessa della guerra e per lo stato della società umana.

Certo è che i Greci distinguevano due tipi di conflitto:

  • Stasis, una violenza soggetta a limiti e regole, nella quale si dà per scontato che il momento della violenza sarà inevitabilmente seguito dalla ricomposizione e dalla convivenza;
  • Polemos, la violenza senza limiti nei confronti dell'altro.

Poiché, per quanto drammatica, la guerra continuerà ad esistere, ritengo che il diritto internazionale e l'etica umana dovrebbero cercare di tendere quanto più possibile alla prima evitando da seconda.

Non so se ciò sia possibile, ma è lecito sperarlo.

Anche il poeta russo Vladimir Majakovskij condannò la guerra come teatro di orrori e di distruzione. Nella sua poesia l’atmosfera della guerra viene resa lugubre, segnata dal sangue e dalle grida di tante vittime. Scrive:

"Edizione della sera! Della sera! Della sera!
Italia! Germania! Austria!”
E sulla piazza, lugubremente listata di nero,
si effuse un rigagnolo di sangue purpureo! 
Un caffè infranse il proprio muso a sangue,
imporporato da un grido ferino:
“Il veleno del sangue nei giuochi del Reno!
I tuoni degli obici sul marmo di Roma!”
Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette
gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno straccio
e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava:
“Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi”

La guerra in Ungaretti

Giuseppe Ungaretti con le sue poesie si schiera contro l’orrore e la brutalità della guerra:

SOLDATI

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie

La poesia, scritta durante una pausa dei combattimenti nel Bosco di Courton, sul fronte italo-francese, esprime come i soldati si sentano sospesi tra la vita e la morte, come le foglie sugli alberi in autunno,quando basta un soffio di vento per farle cadere.

SAN MARTINO DEL CARSO

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti che mi corrispondevano
non è rimasto neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E' il mio cuore
il paese più straziato

La seconda poesia contiene immagini di desolazione e di morte. Gli effetti della distruzione si leggono sulle case del paese in uno squallido paesaggio di macerie e di rovine su cui si è abbattuta la furia degli eventi.

La guerra per D'Annunzio e Marinetti

M c'è anche chi vede la guerra in senso positivo, quasi come fosse un atto indispensabile. Fra questi, Gabriele d'Annunzio:

 […] Accesa è tuttavia l’immensa chiusa fornace, o gente nostra, o fratelli: e che accesa resti vuole il nostro Genio, e che il fuoco ansi e che il fuoco fatichi sinché tutto il metallo si strugga, sinché la colata sia pronta, sinché l’urto del ferro apra il varco al sangue rovente della resurrezione […].

Per i futuristi, invece, la guerra è un’esperienza inebriante, quasi afrodisiaca. Marinetti, autore del Manifesto, disprezza i neutralisti, e non solo: approva e addirittura istiga l’uso della violenza. Scrive:

“Abbiamo recentemente cazzottato con piacere, nelle vie e nelle piazze, i più febbricitanti avversari della guerra”.

Per Marinetti lo scontro è l'unica soluzione per la società:

Noi vogliamo cantar l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno. Non v’è più bellezza, se non nella lotta.  Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

La guerra in Papini

Nelle aree marginali del futurismo c’è poi Giovanni Papini che come Marinetti esalta la guerra:

[…] siamo troppi. La guerra è un’operazione maltusiana. C’è un troppo di qua e un troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un’infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita […].

Per lui, le vittime dello scontro non sono altro che un rifiuto della società:

Fra le tante migliaia di carogne abbracciate nella morte e non più diverse che nel colore dei panni, quanti saranno, non dico da piangere, ma da rammentare?.

Papini ritiene sia utile il massacro dei soldati, poiché “la guerra giova all’agricoltura e alla modernità”: i corpi concimeranno i campi per sfamare gli uomini rimasti, i migliori.

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