I rapporti tra Oriente e Occidente: tema

Tema che paragona le popolazioni orientali con quelle occidentali, partendo dalle origini di queste civiltà ad oggi (3 pagine formato doc)

Appunto di keky90

RAPPORTI TRA ORIENTE E OCCIDENTE: TRACCIA DEL TEMA

I rapporti tra Oriente e Occidente: tema.

Le relazioni tra Islam e Occidente sono state spesso burrascose ma gli scambi materiali ed intellettuali non sono mai venuti meno e in molte occasioni hanno anche saputo dare mirabili esempi di fioritura culturale. Il fenomeno delle migrazioni che sta portando in Europa un numero sempre crescente di persone provenienti da paesi islamici, sembra riproporre problemi e timori fra le due civiltà.
Accanto agli inevitabili problemi e alle comprensibili tensioni, l’incontro ravvicinato in atto può offrire anche interessanti opportunità
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ORIENTE E OCCIDENTE: SCONTRO DI CIVILTA'

L’occidente è sempre stato curioso e pronto al confronto con le altre civiltà, ma ci sono stati anche periodi della storia in cui queste venivano disprezzate: basti pensare ai romani, che consideravano barbari (ovvero balbuzienti) tutti coloro che non parlavano la loro lingua, ed era quindi come se non parlassero affatto. Non capivano, perciò, che anche se con parole diverse, quelli che loro chiamavano barbari, in realtà volevano esprimere gli stessi pensieri.
Un altro momento di confronto con l’oriente è stato con le crociate. L’obiettivo ufficiale era quello di liberare la Terra Santa dagli infedeli: solo la prima diede esito positivo, ma Gerusalemme rimase nelle nostre mani per poco tempo, perché fu subito riconquistata dai turchi. Il risultato di queste spedizioni? Centinaia di morti in guerra ed interi villaggi devastati dai saccheggi e dalle incursioni dei soldati in viaggio.

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Dal XIX secolo, prende piede l’antropologia culturale, con l’unico compito di dimostrare a noi occidentali che quelle “altre” culture, con i loro riti, le loro usanze, le loro abitudini, non andavano liquidate con indifferenza solo perché diverse dalla nostra.
Queste avevano una loro logica, che messa in un contesto, era del tutto ragionevole e non andava quindi repressa.
Ciò che l’antropologo c’insegna è che per giudicare una cultura bisogna fissare dei parametri: queste persone sono monoteiste o politeiste, vivono in una società con regole precise, le donne si allungano il collo con degli anelli o non mangiano carne di maiale perché la considerano impura, ma cosa c’è di male in questo?

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I parametri di giudizio sono però molto soggettivi perché dipendono da quello in cui crediamo, dalle nostre abitudini, le nostre passioni, il nostro modo di vivere.
Per esempio allungare la vita media della popolazione è considerato da molti un fatto positivo, ma non tutti la pensano così.
Alcuni preferiscono San Luigi Gonzaga che ha vissuto appena 23 anni, ad una qualsiasi persona che ne ha vissuti 80, perché considerano la vita del primo indubbiamente più ricca, anche se più breve.
Considerando, però l’allungamento della vita un valore, allora bisognerà preferire una civiltà sviluppata nel campo della scienza ad un paese che utilizza pratiche mediche ancora molto rudimentali.
Ci sono altri che preferiscono rinunciare ai trasporti e alle tecnologie, per vivere una vita a stretto contatto con la natura.
Per giudicare una cultura non basta descriverla come fa l’antropologo, ma bisogna considerare gli aspetti che noi riteniamo indispensabili. Solamente a questo punto si può affermare che la nostra cultura per noi è migliore.
Chiunque può sostenere le teorie di un antropologo. Quando le culture, che tanto rispettiamo a parole, però, vengono a vivere in casa nostra?
È un’ipocrisia pensare che non ci sia differenza, perché tutti dimostrano il contrario nella vita quotidiana.
Una persona con tratti orientali ci spaventa, ormai più per abitudine, che per una ragione vera e propria.
Ci viene spontaneo cambiare strada, quando incontriamo uno straniero; vedere una persona con barba e turbante all’aeroporto o alla stazione c’intimorisce, come se un islamico non avesse il diritto di prendere il treno o l’aereo.