Cesare Beccaria e la pena di morte: saggio breve

La pena di morte secondo le argomentazioni di Cesare Beccaria nel suo trattato "Dei delitti e delle pene". Saggio breve svolto su Cesare Beccaria e la pena di morte (2 pagine formato doc)

Appunto di farfa

CESARE BECCARIA E LA PENA DI MORTE: SAGGIO BREVE

Nel 1764 Cesare Beccaria promulgò il trattato “Dei Delitti e delle Pene”, nel quale esamina e combatte la crudeltà delle pene e l'irregolarità delle procedure criminali, argomenti lungamente trascurati in contrapposizione con i progressi avvenuti in molti altri campi, soprattutto scientifico e filosofico.

Il successo, che riscosse la divulgazione di tale opuscolo e di cui si meravigliò lo stesso Beccaria è da ricondurre sia ai nuovi concetti trattati, come l'abolizione della pena di morte, sia allo stile chiaro e semplice, che lo rendeva alla portata di ogni persona anche minimamente colta, sia al fatto che per la prima volta i principi di una riforma penale erano espressi in modo sistematico e conciso.

Pena di morte: tema svolto

SAGGIO BREVE SVOLTO SULLA PENA DI MORTE

Nel primo capitolo Beccaria, sviluppando la teoria del contratto sociale di Rousseau, afferma che gli uomini, unendosi in società, hanno sacrificato una parte della loro libertà individuale, per godere la restante con sicurezza e tranquillità.

Le leggi rappresentano quindi la volontà generale, che è l'aggregato delle particolari, e la pena di morte non può che essere illegale dal momento che nessuno può aver voluto delegare ad altri uomini l'arbitrio di ucciderlo. Per questo motivo la pena da infliggere alla maggioranza dei cittadini deve essere il carcere per periodi più o meno lunghi a seconda della gravità del delitto fino all'ergastolo per i delitti più gravi.

SAGGIO BREVE SULLA PENA DI MORTE

Però la morte di un cittadino può ritenersi utile in due circostanze: quando, nonostante in carcere, abbia ancora relazioni e una potenza tali da minacciare la sicurezza nazionale, oppure col fine di distogliere altri dal commettere delitti. Ma afferma che l'animo umano è turbato maggiormente dalla durata della pena che dalla sua intensità, perché la nostra sensibilità è più facilmente mossa da lievi ma ripetute impressioni, piuttosto che da una scossa forte ma passeggera. Quindi il freno più forte contro i delitti non è il terribile ma momentaneo spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo ma duro esempio di un uomo privo di libertà per il resto della sua vita. Un'ulteriore dimostrazione della vanità della pena di morte proviene dal ragionamento assurdo che le leggi, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime e per allontanare i cittadini dall'assassinio ne ordinino uno pubblico.

PENA DI MORTE: BECCARIA

Infine Beccaria legge negli atti d'indignazione e disprezzo con cui ciascuno guarda il carnefice, che è pure un innocente esecutore della pubblica volontà, un buon cittadino, che contribuisce al bene pubblico, un'unanime repulsione verso quell'atto barbarico, che definisce “una guerra della nazione contro un cittadino”. Tutte queste argomentazioni a proposito della pena di morte indussero molti Stati a modificare il loro costume giudiziario.