Il pensiero politico di Dante in breve: tema svolto

Tema sul pensiero politico di Dante Alighieri inserito nella situazione sociale e politica venutasi a creare all'inizio del trecento (1 pagine formato doc)

Appunto di smiletotheworld

IL PENSIERO POLITICO DI DANTE: TEMA SVOLTO

E' fondamentale, al fine di comprendere le scelte politiche di Dante che influenzarono profondamente la produzione artistica dell'autore, analizzare il quadro storico entro il quale maturarono.
Nel 1226, con la morte dell'ultimo erede degli Hohenstaufen, il ghibellinismo è quasi tramontato. A Firenze, in seguito a grandi rivolgimenti sociali, si afferma la borghesia bancaria e mercantile che, per ricchezza e elevamento culturale, rappresenta il “popolo grasso”, organizzato nelle “arti maggiori”, mentre il “popolo minuto”, nelle “arti minori”. Tuttavia il comune è in costante agone politico e assiste al crearsi di due fazioni contrapposte: quella dei guelfi Bianchi guidati da Vieri dei Cerchi (ricchi mercanti, banchieri, finanzieri) e quella dei guelfi Neri con a capo Corso Donati (che cercano di colmare la propria debolezza economica con l'appoggio del papa di cui rispettano ligi le direttive).
 
 

IMPEGNO POLITICO DI DANTE

Per placare le rissosità tra le famiglie in contesa per il possesso del potere, Giano della Bella promulga gli ordinamenti di giustizia, con i quali si stabilisce che chiunque voglia raggiungere una carica pubblica deve ottenere l'iscrizione ad un'arte (ma solo le dodici arti maggiori possono designare i priori e le cariche più importanti). Dante disprezza questa società e, costretto dalla legislazione ad iscriversi ad un'arte se non vuole essere escluso dalla vita pubblica attiva, si associa a quella dei medici e degli speziali. Egli si schiera con i guelfi Bianchi meno faziosi e rissosi, decisi nel contrastare l'interferenza del pontefice nelle questioni interne del comune, e così dal 15 giugno al 15 agosto 1300 viene eletto priore dei sei che detengono il potere esecutivo a Firenze. Nella sua breve carriera politica è deciso ad operare una riconciliazione tra Bianchi e Neri contrastando i faziosi (fino al punto di condannare all'esilio l'amico Guido Cavalcanti) ma anche ad opporsi alle macchinazioni del papa. Mentre Dante viene trattenuto a Roma da Bonifacio VIII, il pontefice dà ordine a Carlo di Valois di entrare a Firenze. In seguito alla sconfitta dei guelfi Bianchi e alla creazione di un nuovo governo dei Neri, nel 1302 Dante viene  condannato all'esilio per contumacia: costretto ad un ventennio di peregrinazioni, ospitato nelle corti Italiane, muore a Ravenna nel 1321, sebbene abbia avuto in più occasioni l'opportunità di tornare a Firenze.
 

La vita politica di Dante Aligheri: riassunto

PENSIERO DI DANTE

Il pensiero politico di Dante è dunque incentrato sulla riflessione attorno al rapporto tra  Chiesa e Impero.
L'autore  sostiene la teoria dell'indipendenza dei due sommi poteri fra loro  e della discendenza divina  dell'una e dell'altra autorità. Viaggiando attraverso tutta l'Italia si accorge, infatti, che il turbamento che affligge Firenze non è esclusivo, ma tutto il paese e l'Europa stessa si trovano nell'anarchia, poiché l'imperatore è latitante. Egli è convinto che l'origine dei mali del mondo risieda nella commistione dei due poteri. Nel I trattato del “De Monarchia” (trattato di argomento politico composto di tre libri in lingua latina) riallacciandosi alla teoria della necessità dell'impero esposta nel “Convivio”, Dante sostiene che soltanto un unico imperatore può assicurare agli uomini la pace mediante l'esercizio della giustizia, e la pace sulla Terra è indispensabile perché vi sia quella celeste. I due fini dell'uomo sono infatti la felicità di questa vita, mettendo in pratica le proprie attitudini, e la felicità della vita eterna che si realizza nella visione di Dio: “ Per questo l'uomo ebbe bisogno di una duplice guida in corrispondenza del duplice fine, cioè del Sommo Pontefice, per condurre il genere umano alla vita eterna mediante la dottrina rivelata, e dell'Imperatore, per dirigere il genere umano alla felicità terrena attraverso gli insegnamenti della filosofia.”  Così nel VI canto del Purgatorio lancia un'invettiva ad Alberto d'Asburgo e lo maledice perché ha trascurato “lo giardin de lo 'mperio” ignorando la “pressura dei suoi gentili” ed i comuni in guerra.