Il motivo della beffa: saggio breve
Saggio breve sul tema della beffa nella letteratura, in particolare il confronto tra Plauto e Boccaccio (2 pagine formato doc)
LA BEFFA: SAGGIO BREVE
Il motivo della beffa, intesa come strumento di umiliazione per chi ne subisce le conseguenze, è stato sempre presente nella cultura umana, sin dall’Antichità, in particolare in ambito teatrale e letterario.
Ma, com’è logico attendersi, nel corso del tempo essa è andata diversificandosi, come finalità e contesti nei quali viene messo in atto. Uno dei primissimi esempi è costituito sicuramente dalle opere di Plauto, uno dei più prolifici e importanti autori dell’antichità latina, vissuto a cavallo tra il III ed il II secolo a.C.. Infatti, nelle 21 commedie ritenute autentiche che sono state tramandate fino ai giorni nostri, ricorre spesso il motivo dell’inganno e della beffa che i personaggi ordiscono gli uni ai danni degli altri, rendendo le opere di Plauto molto meno lineari dal punto di vista strutturale rispetto alle commedie greche, che costituiscono comunque un modello per la cultura letteraria latina.LA BEFFA, PLAUTO
Ma per poter analizzare e comprendere fino in fondo questa tematica plautina è necessario avere ben presente il contesto sociale in cui opera il poeta latino: infatti, queste opere prendevano vita nel corso dei “saturnalia”, festività che diventavano occasione di rimescolamento sociale e capovolgimento dei ruoli.
Ecco allora che in alcune commedie di Plauto assume un ruolo centrale il personaggio del servo, definito “callidus”, astuto, proprio perché in grado di organizzare una beffa, in genere ai danni del padrone o comunque di un nobile. E’ proprio quest’ultimo il caso dell’”Aulularia”, in cui Strobilo, servo del giovane Licònide, ruba al vecchio avaro Eucliòne una pentola piena d’oro, ricavando così il denaro necessario con cui il proprio padrone può sposare l’amata Fedra, figlia proprio del vecchio Eucliòne. In questa intricata vicenda è ben evidente quanto esposto prima: all’interno del clima dei “Saturnalia”, al servo della commedia di Plauto, che con il suo ingegno può sovvertire le gerarchie, ostacolare e umiliare esponenti di livello sociale superiore al suo, è concesso un riscatto impossibile nella realtà.Tema svolto sul Decameron di Boccaccio
LA BEFFA, BOCCACCIO
Il suddetto tema, però, come già accennato, non è circoscrivibile solo a questi esempi dell’Antichità; anzi, esso è uno dei motivi più vitali e consistenti del Decameron di Giovanni Boccaccio, una delle opere più importanti dell’intero Medioevo e di fondamentale rilevanza per la cultura italiana. Si tratta di una raccolta di cento novelle, narrate nel corso di dieci giornate, di cui in particolare due, la settima e l’ottava giornata, sono dedicate proprio al tema della beffa.
Ma, nonostante sia possibile riscontrare simili analogie tra letteratura latina e italiana medievale, bisogna comunque tener presente che tra i due esempi citati, le commedie plautine e il Decameron di Boccaccio, intercorre più di un millennio e mezzo di storia: è ovvio, dunque, che ad evolversi non sia stata soltanto la lingua.
Infatti, sebbene permangano anche in Boccaccio le cosiddette “beffe gratuite”, ovvero quegli inganni orditi solo per il gusto del divertimento, che in quanto a finalità possono quindi essere accostati a quelli già riscontrati nelle commedie latine, è invece assente quel contesto di sovversione delle gerarchie sociali tipico dei “saturnalia”, è assente la figura del “servus callidus” che, nella finzione teatrale, in un clima dichiaratamente ludico, grazie alla sua improbabile astuzia riusciva a umiliare il suo nobile padrone: nel Decameron, definito “L’epopea dei mercanti” per la celebrazione dell’abilità e dell’intraprendenza nell’acquisto e nella difesa del denaro da parte dell’emergente borghesia mercantile, il beffatore è sempre colui che possiede capacità d’ingegno, e la beffa si conclude sempre con l’umiliazione del beffato, che vede ribadita agli occhi degli spettatori la sua minorità intellettuale.
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