S. Tommaso, De Veritate

Presentazione-analisi dell'articolo 8, questione 1, dell'opera "De Veritate" di S. Tommaso (8 pagine formato doc)

Appunto di ccrcld
INTRODUZIONE
Con l’ottavo articolo, ci troviamo verso la fine della prima quaestio delle Quaestiones disputatae de Veritate.
Nell’articolo precedente (7°), Tommaso chiede «Se in Dio la verità si dica essenzialmente o personalmente», e risponde:

   In Dio, se la verità viene presa in senso proprio, si dice essenzialmente: tuttavia la si appropria alla persona del Figlio […] si dice verità in Dio la somma imitazione del principio che conviene al Figlio; e secondo questa accezione la verità conviene propriamente al Figlio e si dice personalmente.


Nell’articolo 8 ci troviamo invece davanti a un’altra questione: la dipendenza di ogni altra verità dalla verità prima, cioè Dio. 
Già nell’articolo 4 si proponeva una questione simile: se esiste una sola verità per la quale tutte le cose sono vere; e infatti le cose sono dette vere in ragione di un’unica verità, che è quella che esiste nell’intelletto divino, che ne diventa appunto la fonte. Quest’unica verità, trasferendsi nelle cose e negli intelletti degli uomini, si moltiplica in molte verità, essendo molte le cose e gli intelletti.
Si diceva anche nell’articolo 4 che «la cosa si dice vera come da una forma inerente, come il cibo si dice sano a motivo di una propria qualità, dalla quale si dice sano» (De veritate, q.1, a.4 – soluzione). 



Quaestio 1, articulus 8
La verità si riscontra nelle cose in quanto si adeguano anzitutto all’intelletto divino, che è dunque causa della verità nelle cose, come l’arte è misura di tutti gli artefatti.
Si riscontra nell’intelletto umano in quanto esso si adegua alle cose, le quali sono causa della verità che esiste in esso.  Dunque la cosa, in quanto imita l’intelletto divino, causa la conoscenza vera di sé nell’intelletto umano. 
Invece le negazioni o le privazioni non esistono nelle cose, cioè non fanno parte della natura delle cose, ma sono una certa mancanza di essa, e ciò lo si vede nell’esempio della cecità, in quanto questa è mancanza di vista: infatti la cecità stessa non si adegua all’intelletto. 
La «vera cecità» non è l’adeguazione con qualcosa di reale, in quanto appunto non si basa su nessuna realtà effettiva. 
Dicendo «vera pietra» si intende un altro tipo di verità: la realtà della pietra infatti si adegua all’intelletto in quanto è dotata di una determinata forma, capace dunque di adeguarsi. Si può dire allora che la verità della cecità si basa solo su una delle due condizioni affinché si abbia la verità: cioè l’adaequatio intellectus.