Tesina di terza media sulla fotografia

Tesina di terza media sulla fotografia con approfondimenti su storia e diffusione.

Tesina di terza media sulla fotografia
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La fotografia

La fotografia: un ottimo spunto per una tesina di terza media
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La vita è fatta di momenti belli e brutti: alcuni sarebbe meglio cancellarli definitivamente dalla nostra mente, altri vorremmo scolpirli nel nostro cuore. Questo è possibile grazie a una tecnica inventata tanto tempo fa da un uomo innamorato del paesaggio che vedeva dal suo balcone e avrebbe voluto tanto immortalarlo, Niecpe. Egli inventò un modo per poter catturare gli istanti della vita attraverso la camera oscura. Successivamente questi studi furono approfonditi da Daguerre, che definì questa tecnica “Fotografia”.

La fotografia ci rende felici, ritornano in mente tanti bei ricordi, ma cosa importantissima ci fa scoprire quello che è successo tanto tempo fa. La fotografia è una sorta di memoria visiva, senza di essa tante cose non sarebbero arrivate fino a noi.

Se le storie si potessero raccontare a voce non esisterebbe la fotografia” diceva Lewis Hine, un fotografo statunitense il quale documentò lo sfruttamento minorile e le condizioni disumane di uomini nelle fabbriche americane. Grazie alla sue foto denunciò questo e furono salvati molti uomini e bambini.

Impressionismo e fotografia

La storia dell’impressionismo nasce ancora prima che si possa parlare di un vero e proprio movimento: Siamo in Francia al Salon ufficiale, nel palazzo dell’industria. È il 1863 e la giuria rifiuta ben 3/5 dei 5000 dipinti inviati. Le lamentele degli artisti giungono alle orecchie dell’imperatore, Napoleone III, che offre agli artisti la possibilità di esporre le loro opere in una sezione loro riservata detta Salon des Refusés, dove erano presenti opere di molti artisti che saranno poi definiti impressionisti, da Manet a Degas.

Un’idea di tecnica impressionista era già presente con Eugène Boudin, insegnante di Claude Monet. Boudin metteva in scena piccole istantanee di vita quotidiana, ritratte a pennellate vibranti e macchiate, rapide come lo scorrere del tempo.

L’impressionismo, dunque, non voleva estraniarsi come una pittura astratta, anzi forse voleva proprio essere la più reale.

Ma la tecnica degli impressionisti può derivare dalla fotografia? Nell’800, contemporaneamente alla nascita dell’impressionismo, la fotografia mette a disposizione uno strumento di riproduzione della realtà totalmente naturalistico. Gli interessi della pittura e della fotografia sono gli stessi. I temi principali di entrambe erano infatti i ritratti, le vedute e le città che si sviluppano velocemente.

Le prime foto in effetti assomigliano moltissimo alle opere impressioniste. Se imitare la natura nella sua perfezione oggettivamente vuol dire arte, allora la fotografia è arte. La pittura simbolista nasce dall’oggettività che diventa soggettività.

La nascita della fotografia

Joseph Nicephore Niepce è considerato il padre della fotografia.

Si interessa della scoperta della litografia e approfondisce gli studi alla ricerca della sostanza che potesse impressionarsi alla luce in maniera corretta e mantenendo il risultato nel tempo.

Dopo avere sperimentato diverse tecniche, Niepce riesce ad ottenere, nel 1826, la prima immagine disegnata dalla luce, stendendo uno strato di bitume di Giudea ridotto in polvere e disciolto in essenza di lavanda su una lamina di rame ricoperta d’argento e quindi fatta asciugare.

Questa lamina viene poi esposta alla luce per qualche ora sul fondo di una camera oscura, in seguito immersa in un bagno di lavanda per dissolvere i frammenti che non hanno ricevuto la luce, ottenendo un’immagine in negativo. Per ottenere il positivo occorre un contenitore di cristalli di iodio che formano depositi di ioduro d’argento. Eliminando la vernice con l’alcool appare l’immagine fotografica vera e propria che Niepce definisce eliografia.

Il lavoro di Niepce però non è fissato: ciò significa che si annerisce progressivamente al contatto con la luce. Non resta che migliorare la nitidezza dell'immagine.

Il dagherrotipo

Nel 1827 Niepce conosce Daguerre e Lemaitre, che in seguito diventeranno suoi collaboratori. Nel 1829 fonda con Daguerre un’associazione per il perfezionamento dei materiali fotosensibili. Muore tuttavia prima di vedere riconosciuta l’importanza delle sue ricerche.

Daguerre continua da solo le ricerche che lo portano al dagherrotipo, utilizzando una lastra di rame con applicata una sottile foglia di argento lucidato, che posta sopra a vapori di iodio reagisce formando ioduro d’argento. Segue l’esposizione alla camera oscura, dove la luce rende lo ioduro d’argento nuovamente argento in un modo proporzionale alla luce ricevuta.

L’immagine non risulta visibile fino all’esposizione ai vapori di mercurio. Un bagno in una forte soluzione di sale comune fissa l’immagine. L’invenzione, resa di pubblico dominio, frutterà all’autore una pensione vitalizia.

William Fox Talbot

William Fox Talbot
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Il passaggio da negativo a positivo si deve a William Fox Talbot. Il primo passo della sua ricerca è quello di rendere sensibile alla luce un comune foglio di carta da scrivere, immergendolo in una soluzione di sale e nitrato d’argento. Talbot ottiene così il suo primo negativo, posando una foglia sulla carta ed esponendola alla luce per consentire alle parti coperte di scurirsi. Nasce così la sciadografia.

Un’evoluzione dei suoi studi lo porta a determinare il fissaggio dell’immagine: l’immagine stabilizzata si ottiene bloccandone lo sviluppo e rendendola permanente, grazie ad un lavaggio della carta, impressionata con una forte concentrazione di sale. Il 1835 è quindi l’anno di nascita del primo negativo.

Nel 1841 Talbot battezza il primo processo negativo-positivo con il nome di Calotipia. Il calotipo è una scoperta pionieristica per la storia della fotografia, in particolare della “fotografia chimica”, come modernamente intesa: consiste nel processo che consente di ottenere stampe fotografiche da negativo. Quest'ultimo, ottenuto da un foglio di carta imbevuta in ioduro d’argento e poi esposto alla luce e sviluppato, è stampato su carta trattata in modo uguale.

Inizialmente il procedimento per ottenere il positivo prevede semplicemente che il negativo sia rifotografato, per ottenere così un’immagine positiva invertita.

Mette poi a punto la stampa “a contatto”, secondo cui il negativo viene poggiato su un foglio bianco fotosensibile ed esposto alla luce, generando così l’immagine in positivo attraverso il filtraggio di raggi solari tramite le zone chiare del negativo e imprimendo sul foglio sottostante l’immagine al positivo.

Nel 1851 Frederick Scott Archer introduce un nuovo procedimento a base di collodio che affianca e sostituisce tutte le altre tecniche fotografiche. L’utilizzo del collodio e di lastre in vetro o in metallo resero dei negativi di qualità eccezionale, stampati sulle recenti carte albuminate o al carbone.

Il procedimento viene denominato a lastra umida o collodio umido. Dall’intuizione che da un negativo al collodio sottoesposto sia possibile ottenere un immediato positivo con l’applicazione di una superficie scura sul retro, nascono due tecniche fotografiche, l’Ambrotipia e la Ferrotipia. Una particolare applicazione della lastra umida nasce per soddisfare l’enorme richiesta di ritratti.

Brevettata nel 1854 da Andrè Disderi, si compone di una fotocamera a quattro obiettivi che impressiona una lastra con due esposizioni, per un totale di otto immagini, stampate su carta che vengono chiamate carte de visite.

Diffusione della fotografia

Le prime fotografie destaro subito l’interesse e la meraviglia dei curiosi che affollano le dimostrazioni del procedimento. Restano sbalorditi dalla fedeltà dell’immagine e di come si possa distinguere ogni minimo particolare, mentre altri paventano un abbandono della pittura o una notevole riduzione della sua pratica.

La nascita della fotografia, in realtà, favorisce e influenza la nascita di alcuni importanti movimenti pittorici, tra cui Impressionismo, Cubismo e Dadaismo. La possibilità di catturare un paesaggio in pochi minuti e con un’elevata quantità di particolari fa della fotografia l’ideale strumento per ricercatori e i viaggiatori.

La fotografia incontra inizialmente dei problemi nel ritrarre figure umane a causa delle lunghe esposizioni necessarie: il soggetto deve sopportare un’esposizione di otto minuti per ricevere una fotografia in cui appare con occhi chiusi e un atteggiamento innaturale. Ma la moda dei ritratti si sviluppa rapidamente e, già all’inizio del ‘900, ne possono usufruire tutti i ceti sociali, grazie all’economicità del procedimento.

I soggetti vengono ripresi solitamente in studio, su di uno sfondo bianco, anche se numerosi sono i fotografi itineranti, che si muovono con le fiere e nei piccoli villaggi. Il popolare formato carte de visite fa nascere la moda dell’album fotografico, dove occupano posto i ritratti di famiglia e spesso anche di famosi personaggi dell’epoca.

Anche la fotografia paesaggistica fornisce elevate quantità di cartoline raffiguranti vedute, monumenti, quartieri o edifici storici da consegnare al turista in visita.

La fotografia come arte

Ritratto fotografico del 1895
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La carte de visite e tutte le immagini prodotte in tirature elevate risultano di bassa qualità a causa della meccanizzazione dell’inquadratura e dello sviluppo. Alcuni laboratori impongono però uno stile estetico più ricercato, producendo ritratti più attenti al carattere del soggetto, utilizzando pose audaci, inquadrature più ravvicinate e illuminazioni studiate. A capo di questi laboratori troviamo solitamente dei pittori, scultori o artisti riconvertiti alla fotografia.

Ambientazioni particolari, drappeggi di velluto e luci soffuse esaltano il soggetto, e dove non arriva la scenografia si utilizza il fotoritocco, ammorbidendo i segni dell’età o cancellando imperfezioni.

L’approccio estetico alla fotografia richiede l’adozione di alcune tecniche per introdurre degli effetti pittorici e rendere l’immagine comparabile al dipinto: per questo vengono utilizzati la doppia esposizione e il fotomontaggio.

Se da un lato la fotografia si adopera per imitare la pittura, quest’ultima utilizza sempre più frequentemente il dettaglio prodotto dalle fotografie come studio per la realizzazione dei quadri. Fotografo brillante e acuto innovatore, Stieglitz utilizza ad esempio diversi procedimenti fotografici, al punto che è fra i primi a utilizzare un apparecchio portatile per foto artistiche, lasciando ai posteri splendide immagini in ogni genere fotografico.

Il nuovo corso propende verso la fotografia pura, diretta, come strumento estetico fine a se stesso. Questo invita i fotografi a scendere nelle strade della gente comune e della classe operaia, ritraendo i cantieri, metropoli, cieli drammatici, alla ricerca della forma pura e ripetuta, astratta, estetica e comune.

La macchina fotografica

La fotografia è una tecnica che permette di catturare le immagini del mondo reale e di fissarle su un supporto piano.

Il termine deriva dalle parole greche photòs=luce e graphia=scrittura.

Gli strumenti per <<scrivere>> con la luce sono due:

  1. L'apparecchio fotografico, che funziona in base al principio della camera oscura;
  2. La pellicola fotografica, che funziona sul principio dell'annerimento dei sali d'argento colpiti dalla luce.

Come funziona una reflex

L'apparecchio fotografico reflex oggi è molto diffuso, anche tra i fotografi dilettanti. Il fotografo vede le immagini riflesse da uno specchio attraverso l'obiettivo.

  • Corpo macchina
    Il corpo ha la forma di una scatola abbastanza piatta, con gli spigoli laterali arrotondati. Su ogni lato sono sistemati diversi elementi, ognuno con una propria funzione.
  • Otturatore
    È un congegno meccanico, formato da lamelle metalliche che chiudono ermeticamente la camera oscura. Quando si preme il pulsante di scatto le lamelle si aprono rapidamente si chiudono: in questo brevissimo tempo la luce penetra nella camera oscura e impressiona la pellicola.
    L'otturatore può restare aperto per un tempo più o meno lungo, che si stabilisce sulla scala dei tempi.
  • Esposimetro
    È uno strumento che misura la luce riflessa dal soggetto. È formato da una cellula fotoelettrica che quando viene colpita dalla luce emette una debole corrente elettrica. La corrente a sua volta mette in movimento un indice o accende una piccola luce nel mirino; oppure comanda direttamente il tempo di scatto o il diaframma.
  • Obiettivo
    L'obiettivo è formato da un cilindro di alluminio o di plastica detto barilotto, sul quale sono montati tre elementi principali: le lenti, la messa a fuoco, il diaframma.
  • Lenti
    Sono elementi di vetro simili a dischi, ma con le superfici curve. Le lenti sono l'occhio dell'apparecchio fotografico, cioè l'elemento più importante. Se sono di buona qualità si ottengono fotografie nitide e senza difetti.
  • Messa a fuoco
    È un congegno a vite che fa compiere dei piccoli spostamenti al gruppo delle lenti, in avanti o all'indietro. Esso modifica la distanza tra le lenti e la pellicola fino a rendere l'immagine nitida, cioè a fuoco. Viene comandato da un anello esterno mediante rotazione.
  • Diaframma
    È un congegno meccanico che regola la quantità di luce che entra nella camera oscura. È formato da sottili lamelle disposte a iride, che formano un' apertura centrale più o meno grande. Per regolare la grandezza del foro si ruota l'anello dei diaframmi fino a portare il valore scelto sulla tacca centrale.

La tecnica fotografica

Per scattare delle buone foto si deve interagire correttamente con la macchina, e tenere sotto controllo alcuni elementi:

  • Regolazione dell'apparecchio
    Per fare una foto si deve osservare il soggetto per decidere l'inquadratura. Poi si regola l'apparecchio su due valori: la luce che lo illumina e la distanza a cui è posto.
  • Luce
    Per regolare la luce si può agire sul tempo di scatto o sull'apertura del diaframma. I due dispositivi lavorano abbinati: lo scarto di un tempo corrisponde allo scarto di un diaframma. Questa corrispondenza è la cosa più importante della fotografia.
  • Distanza
    Per regolare la distanza si agisce sulla ghiera di messa a fuoco. In base al valore dei metri e all'apertura del diaframma avremo una certa profondità di campo. Regolato l'apparecchio si sceglie l'inquadratura e si preme il pulsante di scatto.
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