Le trasformazioni del linguaggio letterario come espressione dei cambiamenti sociali
Le trasformazioni del linguaggio letterario come espressione dei cambiamenti sociali: tesina di italiano e storia (22 pagine formato doc)
LE TRASFORMAZIONI DEL LINGUAGGIO LETTERARIO COME ESPRESSIONE DEI CAMBIAMENTI SOCIALI: TESINA
Le trasformazioni del linguaggio letterario come espressione dei cambiamenti sociali.
Ho intrapreso questo studio poiché è ben visibile, confrontando le varie epoche storiche ed i relativi cambiamenti, che la letteratura è strettamente legata ai capovolgimenti sociali, poiché chi li vive, anzi, chi li ha vissuti, sulla propria pelle non sono altro che uomini. È ben noto che l’animo più sensibile è quello del poeta, che vive nella società e molto spesso se ne sente estraneo, ognuno a suo modo. Da questo loro disagio è scaturito di volta in volta un cambiamento anche nel modo di scrivere, di dire le proprie opinioni, che è quindi sfociato nella necessità di creare nuovi linguaggi adatti, di volta in volta, alle esigenze del momento. La prima metà dell’Ottocento - Siamo nell’epoca del Romanticismo caratterizzato altresì dal diffondersi dell’industrializzazione che produce dinamismo della società, nuovi ceti, nuove merci nel mercato, nuove città industriali, il lavoro diventa sempre più spersonalizzato, alienato.Evoluzione del linguaggio: tema svolto
GIACOMO LEOPARDI
In questo periodo si trova ad operare l’ispiratore di tutta la crisi dell’io dal Decadentismo in poi: Giacomo Leopardi.
Alla base delle riflessioni leopardiane vi è il problema della felicità, intesa in modo materialistico dal poeta come ciò che dà piacere all’uomo, ciò che gli permette di non aver bisogno di nient’altro, un piacere illimitato nello spazio e nel tempo, assoluto. All’interno dello “Zibaldone” (il raccoglitore dei suoi pensieri) Leopardi fa un esempio: se io desidero un cavallo, il più grande piacere per me è quello di avere un cavallo, ma una volta ottenutolo non sono ugualmente appagato poiché sorge in me un altro desiderio che si sostituisce al precedente. Il desiderio è quindi infinito e l’infinitezza di questo si scontra con la finitezza spaziale e temporale dell’uomo, che è limitato nel tempo perchè nasce, cresce ed infine muore ed è limitato nello spazio perché non può essere contemporaneamente in più luoghi. L’uomo quindi non può essere felice perché è la sua stessa natura ad impedirglielo.
Leopardi, non credendo in Dio, si rivolge ad un’altra entità: la Natura, che sarà la protagonista del suo pessimismo sia in bene che in male. Secondo il poeta, la Natura ha dato all’umanità la possibilità d’essere felice attraverso l’immaginazione; con questa l’uomo può superare i limiti spazio-temporali che per natura stessa possiede, essa gli permette di superare gli ostacoli che la realtà gli pone.
Il linguaggio: tema
PESSIMISMO LEOPARDIANO
Dalla Natura e dall’immaginazione scaturisce il pessimismo leopardiano. Esso si articola in tre fasi corrispondenti ai suoi tentativi di risolvere la crisi che permea il suo animo tormentato:
La prima fase è il PESSIMISMO STORICO in cui Leopardi attribuisce la colpa della condanna all’infelicità all’uomo stesso, il quale ha perso la propria capacità di immaginare nel momento in cui ha ricercato la “ragione” ed il progresso dalla sua condizione di primitività. La ragione è l’opposto dell’immaginazione. Leopardi arriva quindi alla conclusione, in questa prima fase, che gli antichi erano stati felici perché non si erano curati del progresso ed erano quindi più fantasiosi. Se dunque l’uomo non avesse voluto seguire la ragione ora sarebbe felice. Questo tipo di pessimismo è detto “storico” perché la condizione negativa del presente è vista dal poeta come effetto di un processo storico. La Natura ha un ruolo positivo, è vista come “madre amorevole” che concede ai suoi figli il dono dell’immaginazione, grazie alla quale essi possono creare una realtà alternativa a quella oggettiva negativa.