Senofonte - Anabasi Libro III
Le azioni compiute dai Greci durante la marcia di Ciro verso l'interno fino al momento della battaglia, le vicende avvenute dopo la morte di Ciro, la ritirata dei Greci con Tissaferne nel corso della tregua sono esposte nel racconto precedente (12 pagine formato doc)
2 Una volta catturati gli strateghi e uccisi i locaghi e i soldati che li accompagnavano, i Greci non sapevano che partito prendere: capivano di essere vicinissimi al re, tutt'intorno accerchiati da molte genti e città ostili, nessuno era disposto ad aprire loro i mercati, la Grecia distava non meno di diecimila stadi, non avevano una guida che indicasse loro il cammino; e poi la via verso casa era sbarrata da fiumi non guadabili, anche i barbari al séguito di Ciro nella spedizione li avevano traditi, erano rimasti soli, senza neppure un cavaliere a dar manforte, per cui, in caso di vittoria, era palese a tutti che non avrebbero potuto uccidere nemmeno un nemico, ma, se venivano sconfitti, nessuno sarebbe sopravvissuto.
3 Rivolgendo nella mente tali pensieri, demoralizzati, pochi verso sera toccarono cibo, pochi accesero il fuoco, molti non rientrarono neppure al campo, quella notte. Ciascuno per dormire si sdraiava dove capitava, ma non riuscirono a chiudere occhio per il tormento e il rimpianto della patria, dei genitori, delle mogli, dei figli e credevano di non rivederli mai più. In preda a tali stati d'animo tutti cercavano riposo.
4 C'era nell'esercito un certo Senofonte, ateniese: non era stratego né locago né soldato semplice, ma si era unito alla spedizione perché Prosseno, suo ospite di vecchia data, lo aveva mandato a chiamare dalla patria dietro promessa che, se lo avesse raggiunto, gli avrebbe procurato l'amicizia di Ciro, un uomo che - sosteneva - poteva fare per lui più della sua patria.
5 Senofonte dunque, letta la missiva di Prosseno, si consulta in merito al viaggio con Socrate l'ateniese. E Socrate, supponendo che l'amicizia con Ciro potesse venir additata dalla città come una colpa (si pensava che Ciro avesse sollecitamente appoggiato gli Spartani nella guerra contro Atene), suggerisce a Senofonte di recarsi a Delfi e di consultare il dio a proposito del viaggio.
3 Rivolgendo nella mente tali pensieri, demoralizzati, pochi verso sera toccarono cibo, pochi accesero il fuoco, molti non rientrarono neppure al campo, quella notte. Ciascuno per dormire si sdraiava dove capitava, ma non riuscirono a chiudere occhio per il tormento e il rimpianto della patria, dei genitori, delle mogli, dei figli e credevano di non rivederli mai più. In preda a tali stati d'animo tutti cercavano riposo.
4 C'era nell'esercito un certo Senofonte, ateniese: non era stratego né locago né soldato semplice, ma si era unito alla spedizione perché Prosseno, suo ospite di vecchia data, lo aveva mandato a chiamare dalla patria dietro promessa che, se lo avesse raggiunto, gli avrebbe procurato l'amicizia di Ciro, un uomo che - sosteneva - poteva fare per lui più della sua patria.
5 Senofonte dunque, letta la missiva di Prosseno, si consulta in merito al viaggio con Socrate l'ateniese. E Socrate, supponendo che l'amicizia con Ciro potesse venir additata dalla città come una colpa (si pensava che Ciro avesse sollecitamente appoggiato gli Spartani nella guerra contro Atene), suggerisce a Senofonte di recarsi a Delfi e di consultare il dio a proposito del viaggio.