Carme 30 e 31

Testo e traduzione dei due carme (1 pagine formato doc)

Appunto di silveretta13
CARME 30 CARME 30 Alphene immemor atque unanimis false sodalibus, iam te nil miseret, dure, tui dulcis amiculi? iam me prodere, iam non dubitas fallere, perfide? nec facta impia fallacum hominum caelicolis placent.
quae tu neglegis ac me miserum deseris in malis. eheu quid faciant, dic, homines cuive habeant fidem? certe tute iubebas animam tradere, inique, me inducens in amorem, quasi tuta omnia mi forent. idem nunc retrahis te ac tua dicta omnia factaque ventos irrita ferre ac nebulas aereas sinis. si tu oblitus es, at di meminerunt, meminit Fides, quae te ut paeniteat postmodo facti faciet tui. TRADUZIONE: Alfeno immemore e falso per tutti gli amici, per nula hai più compassione, crudele, del tuo dolce amico? Non esiti più a tradirmi, né ad ingannarmi, perfido? Neppure ai celesti piacciono i fatti empi di uomini bugiardi.
Questo lo trascuri e lasci me misero nei mali. Ahimè che posson far, dimmi, gli uomini o in chi aver fiducia? Proprio tu certo mi consigliavi a buttar l'anima, iniquo, trascinandomi nell'amore, come se tutto fosse sicuro per me. Adesso tu ti ritrai e lasci che i tuoi detti e tutte le azioni i venti le trasportino vane e le aeree nebbie. Se tu ti sei dimenticato, lo ricordano però gli dei, lo ricorda Fede, che più tardi farà sì che ti penta della tua azione. CARME 31 Paene insularum, Sirmio, insularumque ocelle, quascumque in liquentibus stagnis marique vasto fert uterque Neptunus, quam te libenter quamque laetus inviso, vix mi ipse credens Thuniam atque Bithunos liquisse campos et videre te in tuto. o quid solutis est beatius curis, cum mens onus reponit, ac peregrino labore fessi venimus larem ad nostrum, desideratoque acquiescimus lecto? hoc est quod unum est pro laboribus tantis. salve, o venusta Sirmio, atque ero gaude gaudente, vosque, o Lydiae lacus undae, ridete quidquid est domi cachinnorum. TRADUZIONE: Delle penisole, Sirmione, e delle isole pupilla, tutte quelle che il duplice Nettuno porta nei limpidi stagni ed il vasto mare, quanto volentieri ti rivedo e quanto felice, a stento io stesso credendomi di aver lasciato la Tinia ed i Bitini e vedere te al sicuro. Oh cosa c'è di più felice degli affanni dissipati, quando il cuore ripone il peso e stanchi per la fatica straniera e giungiamo al nostro focolare, e riposiamo nel letto sognato? Questa è quella cosa unica per tante fatiche. Salve, graziosa Sirmione, e gioisci del padrone gioioso e voi, o lidie onde del lago, ridete di tutte le risate di casa.