Muzio Scevola
Versione di latino (1 pagine formato doc)
Tito Livio “Ab urbe condita” 2, 12
Muzio Scevola
Perduravano nondimeno l’assedio e la mancanza di frumento con grande carestia, e Porsenna sperava di poter prendere la città rimanendo fermo, quando Gaio Mucio, giovane nobile, a cui sembrava cosa vergognosa che il popolo romano finché era schiavo, sotto il dominio dei re, non avesse mai subito assedi in nessuna guerra da parte di nessun nemico, e che una volta libero lo stesso popolo fosse assediato dai medesimi Etruschi, i cui eserciti più volte aveva disfatti, ritenendo dunque di dover riscattare questa vergogna con una qualche azione grande e audace, decise dapprima di penetrare nel campo dei nemici di propria iniziativa; poi, temendo di venire sorpreso dalle sentinelle romane e di essere ricondotto indietro come un disertore, se fosse andato senza autorizzazione dei consoli e all’insaputa di tutti (e la condizione della città in quel momento avrebbe reso attendibile l’accusa), si presentò in senato e disse: ”O senatori, io voglio passare il Tevere ed entrare, se mi riesce, nel campo nemico, non a scopo di preda né per vendicare i saccheggi: ho in animo una più grande azione, se gli dei mi assistono”..