De bello Gallico, Libro 6, Capitoli 11-20: testo e traduzione
Testo in latino e traduzione in italiano del Libro 6, capitoli 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20 del De bello Gallico di Giulio Cesare (5 pagine formato doc)
DE BELLO GALLICO LIBRO 6 CAPITOLI 11-20: TESTO E TRADUZIONE
De bello Gallico, libro VI capitoli 11-20.
Nel presentare la società dei Galli, la cui descrizione occupa i capitoli 11-20 del libro VI, Cesare rivolge il suo interesse soprattutto alle strutture socio-politiche, ai rapporti familiari e alle pratiche religiose.Il quadro che viene a delinearsi è quello di una società molto frazionata, incapace di superare il particolarismo che la contraddistingue e di raggiungere un’unità politica.
Alla base dell’organizzazione sociale vi è una struttura di tipo tribale, costituita dall’aggregazione di gruppi familiari. Per designare tale struttura Cesare usa il termine latino pagus, che a Roma indicava il villaggio di campagna. L’unione di diversi pagi forma una civitas, cioè una comunità più vasta, un vero e proprio piccolo Stato, in cui il potere è gestito dai nobili e dai sacerdoti, mentre il resto della popolazione non ha alcuna importanza.
L’uso di vocaboli latini per designare le strutture sociali dei Galli testimonia che Cesare ha sempre la mente rivolta all’organizzazione della società romana, con la quale stabilisce un implicito paragone, anche se non giunge mai ad un confronto diretto.
DE BELLO GALLICO LIBRO 6 CAPITOLO 11: TESTO
De bello Gallico Libro 6, capitolo [11] Quoniam ad hunc locum perventum est, non alienum esse videtur de Galliae Germaniaeque moribus et quo differant hae nationes inter sese proponere. In Gallia non solum in omnibus civitatibus atque in omnibus pagis partibusque, sed paene etiam in singulis domibus factiones sunt, earumque factionum principes sunt qui summam auctoritatem eorum iudicio habere existimantur, quorum ad arbitrium iudiciumque summa omnium rerum consiliorumque redeat. Itaque eius rei causa antiquitus institutum videtur, ne quis ex plebe contra potentio rem auxili egeret: suos enim quisque opprimi et circumveniri non patitur, neque, aliter si faciat, ullam inter suos habet auctoritatem. Haec eadem ratio est in summa totius Galliae: namque omnes civitates in partes divisae sunt duas.
De bello gallico: traduzione Libro 1 e 6
DE BELLO GALLICO LIBRO 6 CAPITOLO 11: TRADUZIONE
De bello Gallico Libro 6, capitolo 11. Traduzione:A questo punto non pare fuori di luogo descrivere i costumi della Gallia e della Germania, e le differenze tra queste nazioni. In Gallia vi sono dei partiti, non soltanto in tutti gli Stati e in tutti i cantoni e disrtetti, ma quasi addirittura in ciascuna famiglia; dei partiti sono capi quegli uomini che a giudizio della gente possiedono il prestigio maggiore: nel loro arbitrio e giudizio deve ricadere la decisione ultima riguardo a tutti gli affari e disegni. E’ chiaro che questa antica forma di organizzazione è stata istituita perché nessuno della plebe mancasse di protezione contro uno più potente: il capo infatti non tollera che i suoi siano oggetto di soperchierie e di raggiri. D’altra parte , se si comporta diversamente, no ottiene alcun prestigio tra i suoi. Secondo questo medesimo sistema è organizzata anche la Gallia nel suo complesso: tutti gli Stati si dividono in due partiti.
DE BELLO GALLICO LIBRO 6 CAPITOLO 12: TESTO
De bello Gallico Libro 6, capitolo [12] Cum Caesar in Galliam venit, alterius factionis principes erant Aedui, alterius Sequani. Hi cum per se minus valerent, quod summa auctoritas antiquitus erat in Aeduis magnaeque eorum erant clientelae, Germanos atque Ariovistum sibi adiunxerant eosque ad se magnis iacturis pollicitationibusque perduxerant. Proeliis vero compluribus factis secundis atque omni nobilitate Aeduorum interfecta tantum potentia antecesserant, ut magnam partem clientium ab Aeduis ad se traducerent obsidesque ab eis principum filios acciperent et publice iurare cogerent nihil se contra Sequanos consili inituros et partem finitimi agri per vim occupatam possiderent Galliaeque totius principatum obtinerent. Qua necessitate adductus Diviciacus auxili petendi causa Romam ad senatum profectus infecta re redierat. Adventu Caesaris facta commutatione rerum, obsidibus Aeduis redditis, veteribus clientelis restitutis, novis per Caesarem comparatis, quod hi, qui se ad eorum amicitiam adgregaverant, meliore condicione atque aequiore imperio se uti videbant, reliquis rebus eorum gratia dignitateque amplificata Sequani principatum dimiserant. In eorum locum Remi successerant: quos quod adaequare apud Caesarem gratia intellegebatur, ei, qui propter veteres inimicitias nullo modo cum Aeduis coniungi poterant, se Remis in clientelam dicabant. Hos illi diligenter tuebantur: ita et novam et repente collectam auctoritatem tene bant. Eo tum statu res erat, ut longe principes haberentur Aedui, secundum locum dignitatis Remi obtinerent.
DE BELLO GALLICO LIBRO 6 CAPITOLO 12: TRADUZIONE
De bello Gallico Libro 6, capitolo 12. Traduzione: Al momento dell'arrivo di Cesare in Gallia, una fazione faceva capo agli Edui, l'altra ai Sequani. Quest'ultimi, di per sé meno influenti - fin dai tempi antichi la massima autorità era nelle mani degli Edui, che avevano molti clienti - si erano uniti ai Germani e ad Ariovisto, attirandoli con grandi elargizioni e promesse. Riportati diversi successi in battaglia ed eliminati tutti i nobili edui, i Sequani avevano superato in potenza gli Edui stessi, al punto da sottrarre loro la maggior parte dei popoli soggetti, da costringerli a dare in ostaggio i figli dei capi e a giurare pubblicamente di non intraprendere nulla contro di loro; inoltre, si erano impadroniti, con le armi, di una parte del territorio eduo contiguo al loro e avevano ottenuto la supremazia su tutta la Gallia. Diviziaco, spinto dalla necessità, si era recato a Roma, dal senato, per chiedere aiuto, ma era ritornato con un nulla di fatto. L'arrivo di Cesare aveva prodotto un vero e proprio capovolgimento: gli Edui si erano visti rendere gli ostaggi, avevano recuperato i vecchi clienti, ne avevano acquisito di nuovi, grazie a Cesare, perché i popoli che si ponevano sotto la loro tutela si accorgevano di ricevere un trattamento migliore e di sottostare a un dominio più equo. Quanto al resto, il prestigio e la dignità degli Edui erano cresciuti, i Sequani avevano perso l'egemonia. Al loro posto erano subentrati i Remi. Il favore di Cesare per gli Edui e i Remi era identico, lo si capiva, perciò i popoli che, per antiche inimicizie, non potevano assolutamente legarsi ai primi, si facevano clienti dei secondi, che li proteggevano con ogni cura, mantenendo, in tal modo, un prestigio nuovo e assunto di colpo. Quindi, al momento, la situazione era la seguente: gli Edui erano considerati i primi in assoluto, i Remi occupavano, in dignità, il secondo posto.