Discorso di Critognato, Cesare
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Discorso di Critognato - Cesare Discorso di Critognato - Cesare Il discorso di Critognato durante l'assedio di Alesia è l'unico riportato in forma diretta nel De bello Gallico: davvero una singolare eccezione da parte di Cesare nei confronti dello spregiudicato capo arverno, che alla fine del suo discorso giungerà a proporre il cannibalismo come estremo mezzo di resistenza.
At ii qui Alesiae obsidebantur, praeterita die qua auxilia suorum expectaverant, consumpto omni frumento, inscii quid in Haeduis gereretur, concilio convocato, de exitu suarum fortunarum consultabant. Ac variis dictis sententiis, quarum pars deditionem, pars, dum vires suppeterent, eruptionem censebat, non praetereunda oratio Critognati videtur propter eius singularem et nefariam crudelitatem. Hic summo in Arvernis ortus loco et magnae habitus auctoritatis: "Nihil", inquit, "de eorum sententia dicturus sum, qui turpissimam servitutem deditionis nomine appellant, neque hos habendos ciuium loco neque ad concilium adhibendos censeo. Cum his mihi res sit, qui eruptionem probant; quorum in consilio omnium vestrum consensu pristinae residere virtutis memoria videtur. Animi est ista mollitia, non virtus, paulisper inopiam ferre non posse. Qui se ultro morti offerant, facilius reperiantur, quam qui dolorem patienter ferant. Atque ego hanc sententiam probarem (tantum apud me dignitas potest), si nullam praeterquam vitae nostrae iacturam fieri viderem: sed in consilio capiendo omnem Galliam respiciamus, quam ad nostrum auxilium concitavimus. Cesare, B. G. 7. 77 Ma coloro che erano assediati ad Alesia, trascorso il giorno in cui avevano atteso gli aiuti dei loro, consumato tutto il grano, senza sapere che cosa si facesse fra gli Edui, convocato un consiglio, si consultavano sulla loro sorte1. Ed essendo stati espressi vari pareri, una parte dei quali propendeva per la resa, una parte (invece), finché bastavano le forze, per una sortita, (mi) sembra (che) non (sia) da passare sotto silenzio il discorso di Critognato, a causa della sua singolare ed infame crudeltà. Costui, nato da una delle famiglie più nobili degli Arverni2 e considerato di grande autorevolezza, disse: "Non ho intenzione di dir nulla circa l'opinione di coloro che chiamano una vergognosissima schiavitù con il nome di resa, e ritengo che costoro non siano da considerare come3 cittadini e che non (siano neppure) da ammettere al consiglio. Intendo rivolgermi a4 coloro che suggeriscono una sortita: nel parere di costoro, secondo l'opinione concorde di tutti voi, (mi) pare che risieda il ricordo dell'antico valore. E' debolezza d'animo, non valore, codesta di non poter sopportare (neppure) per poco tempo la mancanza di mezzi. Si potrebbero trovare più facilmente (persone) che si offrano spontaneamente alla morte che (persone) che sopportino il dolore con fermezza. Ed io approverei (comunque) questo parere - tanto potere ha in me l'onore - se vedessi che non si verifica alcuna perdita tranne (quella) della nostra vita: ma nel