Lettere a Lucilio (Seneca ) Libro II, Lettera 2
Seneca, versione tradotta dal latino all'italianodella lettera 2 del Libro 2 delle lettere a Lucilio: "È necessario curare il corpo ma è necessario anzitutto slavare la nostra dignità". (formato txt) (0 pagine formato txt)
LETTERA 11 È NECESSARIO CURARE IL CORPO MA È NECES SARIO ANZITUTTO SALVARE LA NOSTRA DIGNITÀ Io confesso che è innato in noi l'amore del nostro corpo, e che amiamo anche tenerlo sotto tutela.
Orbene, io ammetto che dobbiamo avere per il nostro corpo una certa indulgenza, ma nego che dobbiamo essere suoi servi: diventa servo di molti colui che è servo del suo corpo, colui che sta per esso troppo in timore, e ad esso riporta ogni valore della vita. La nostra condotta va regolata non coll'idea che noi dobbiamo vivere per il corpo ma coll'idea che non possiamo vivere senza il corpo. Se lo amiamo troppo, quest'esagerato amore ci angustia con timori, ci carica di preoccupazioni e ci espone anche ad oltraggio. Chi ama troppo il corpo finisce per svalutare ciò che è onesto. S ben certo che bisogna averne la cura più attenta e amorosa, ma se la ragione, la dignità, la fedeltà lo richiedono, bisogna avere anche la forza di buttarlo nel fuoco. Cerchiamo per quanto è possibile di evitare non solo i pericoli ma anche i disagi e cerchiamo di metterci al sicuro pensando al modo con cui si possano superare i mali temuti. Questi mali, se non erro, si distinguono in tre specie: si teme la povertà, si temono le malattie, si teme tutto ciò che può venirci dalla violenza di un prepotente più forte di noi. Fra questi mali soprattutto ci turbano quelli che ci sono minacciati dalla prepotenza altrui, perché questi colpiscono con grande strepito e tumulto. Gli altri mali di cui si è parlato, come la povertà e le malattie, ci vengono dalla natura, e ci arrivano in silenzio, e non destano spavento né agli occhi, né agli orecchi: invece da altri il male ci viene fatto sempre con grande apparato, porta con sé ferro, fuoco, catene e una muta di fiere, tutte cose da scagliare contro le umane viscere. A questo pensa, il carcere, la croce, il cavalletto , l'uncino, il palo cacciato su per mezzo il corpo così che rispunti per la bocca, le membra strappate da carri spinti in diverse direzioni, quella tunica unta e coperta di materie infiammabili e tutti i supplizi che oltre questi la crudeltà umana ha potuto inventare. Non c'è da meravigliarsi che cresca lo spavento di un male quando ci si presenta con una così ampia e terribile varietà di apparati. Il carnefice compie tanto più facilmente la sua azione di tortura quanto più mette in mostra i suoi strumenti, poiché a quella vista cade vinto anche chi avrebbe resistito paziente al dolore; e si capisce che nello stesso modo tutti noi siamo più facilmente sopraffatti e domati da quelle avversità che ci si presentano con più ampia ostentazione di forme esteriori. Vi sono calamità non meno gravi quali la fame, la sete, le suppurazioni viscerali e la febbre che brucia le viscere stesse: ma sono calamità che stanno nell'ombra e non si presentano con quella paurosa esteriorità di forme con cui invece si presentano le altre calamità di cui si parlava avanti: quelle altre però vincono gli animi proprio come talora gli eserciti hanno vinto l