Seneca, De brevitate vitae
Alcuni passi (Da I a XX) versione e traduzione in italiano dal "De Brevitate Vitae" di Seneca. Accuratamente svolto e corretto. (4 pagine formato doc)
I I.
La maggior parte dei mortali, o Paolino, si lamenta della cattiveria della natura, perché noi viviamo per un breve periodo, perché questo spazio di tempo dato a noi trascorre così velocemente e così in fretta che, tranne pochissimi, la vita abbandona gli altri nella stesso preparazione della vita. Né di un tale male, comune a tutti, come credono, la folla e il volgo ignorante si lamentano; questo stato d'animo suscitò lamenti anche fra personaggi famosi. Da qui deriva la famosa massima del più illustre dei medici: “La vita è breve, lunga l'arte” Di qui l'accusa, x nulla conveniente a un uomo saggio, di Aristotele che discute con la natura, “Quella ha concesso tanto tempo agli animali, da passare 5 o 10 generazioni, ed invece un tempo tanto di molto inferiore all'uomo, nato a tante e grandi imprese. Non abbiamo poco tempo, ma ne perdiamo molto, la vita è lunga abbastanza e ci è stata data con larghezza per la realizzazione delle più grandi imprese, se fosse impiegata tutta bene; ma quando sfugge tra il lusso e la trascuratezza, quando non viene spesa per nulla di buono, spinti infine dall'estrema necessità, quella che non abbiamo sentito passare sentiamo che è passata. È così: non abbiamo ricevuto una vita breve, ma la rendiamo tale, e non ne siamo poveri, ma ricchi. Come ricchezze cospicue e degne, quando arrivano alle mani di un cattivo padrone, sono dissipate in un attimo, mentre, un patrimonio modesto quanto si vuole, se è affidato ad un buon amministratore, capita che cresca, così la nostra vita si estende molto per chi sa bene gestirla. II. Perché ci lamentiamo della natura? Quella si è comportata generosamente: la vita è lunga, se sai farne uso. Ma uno lo trattiene un'insaziabile avidità, un altro lo trattiene uno zelo laborioso nelle fatiche superflue; uno è pieno di vino, un altro l'ozio lo intorpidisce; uno altro l'ambizione lo stanca sempre sospesa nel giudizio altrui, un altro lo conduce x terra e x mare con la speranza di guadagnare la smania sconsiderata di commerciare; alcuni li avvolge la passione x la vita militare, sempre intenti ai pericoli degli altri o preoccupati x i propri; vi sono alcuni che li consuma il vano ossequio x i potenti in una volontaria schiavitù; molti li trattiene l'invidia della fortuna altrui o la lamentela della propria; i +, seguendo niente di certo, una superficialità incostante mutevole e scontenta di sé li spinge attraverso nuovi progetti; a certuni non piace nessun luogo dove dirigere la rotta, ma la morte li coglie fiacchi e indolenti: sicché non dubito che sia vero ciò che si disse come un oracolo presso il + grande dei poeti: "E' esigua la parte di vita che viviamo". Il resto dell'esistenza non è vita, ma tempo. I vizi premono ed circondano da ogni parte e non (ci) permettono di rialzarci o di sollevare lo sguardo alla vista della verità, ma incombono (su di noi) immersi ed piantati nel piacere. Giammai ad essi è concesso ritornare in se stessi; se mai per caso arriva un qual